30 gennaio 2012

Gli eroi del nostro "tempo".

«Gli animali di Fukushima abbandonati e lasciati morire»: questo è il titolo di un reportage della Cnnche parla di una categoria trascurata dagli organi d'informazione nel parlare del disastro nucleare giapponese: gli animali. Ma qualcuno ha pensato a queste povere vite. E per amor loro ha deciso di rimanere a Tomioka. E di non abbandonarli al loro destino. Il piano di evacuazione ordinato dal governo giapponese parla chiaro: tutti coloro che abitano nel raggio di venti chilometri dai reattori della centrale danneggiata dall'accoppiata killer terremoto/tsunami dell'11 marzo scorso vanno immediatamente allontanati. Ma c’è un uomo di nome Naoto Matsumura, agricoltore da cinque generazioni, che decide di non stare alle regole. RIBELLE - Naoto inizia la sua disobbedienza proprio il giorno dopo il terremoto. Mentre i 78 mila residenti nell'area a maggiore rischio di contaminazione radioattiva lasciano le loro case, il cinquantaduenne ribelle di Fukushima organizza la sua resistenza nel nome dei suoi amati animali, poiché il piano approntato dalle autorità non prevede alcuna misura per evacuarli, ma Naoto non se la sente di ignorarli. Oggi l’unico residente della zona è dunque anche l’unica fonte di nutrimento per un gran numero di animali randagi. CARCASSE OVUNQUE - A quasi un anno di distanza dal disastro nucleare, l’area di venti chilometri di raggio che si estende attorno a Fukushima è un cimitero a cielo aperto. Le carcasse di cani, gatti ma anche di mucche e maiali sono sparse un po’ ovunque. Numerose associazioni animaliste hanno fatto pressione sul governo giapponese per tentare di salvare anche i gli animali, ma le autorità si sono rifiutate, ritenendo l’operazione di salvataggio troppo rischiosa per la salute degli incaricati. Ciononostante nel dicembre scorso un gruppo di animalisti è entrato nell’area evacuata e ha portato via circa 250 cani e un centinaio di gatti, riuscendo in seguito a rintracciare l’80 per cento dei proprietari. «IO RESTO QUI» - «Sono pieno di rabbia», sbotta Matsumura, intervistato dalla Cnn. «Ed è questa la ragione per la quale sono ancora qui. Mi rifiuto di andarmene portando con me questa rabbia e questo dolore. Piango ogni volta che guardo la città nella quale sono nato. Il governo e la gente di Tokyo non sanno quello che sta succedendo qui». Da quando ha deciso di rimanere per dar da mangiare ai randagi, Naoto esce dall’area solo per procurarsi cibo per i suoi amici a quattro zampe. Già dopo poco tempo dall’evacuazione la maggior parte delle mucche era morta. Vermi e mosche ricoprivano le carcasse e l’odore era insopportabile. UNA STORIA TRISTE - Ma la scena peggiore ricordata da Matsumura riguarda una mucca con il suo vitellino che l’agricoltore ritrovò in pessime condizioni nella fattoria di un vicino: «La mucca era pelle e ossa e il suo piccolo piangeva e cercava ostinatamente di attaccarsi alle mammelle della madre. Ma lei, forse temendo che se avesse nutrito il cucciolo sarebbe morta, lo allontanava scalciando. Dopo molti rifiuti il vitellino si rintanò in un angolo della stalla e prese a succhiare della paglia, come se fossero le mammelle di sua madre». Il giorno dopo Naoto tornò alla fattoria e trovò entrambi gli animali morti. È stato dopo avere assistito a decine di scene come questa che il signor Matsumura ha iniziato a concedere interviste ai corrispondenti esteri di varie testate sottolineando come i media giapponesi stiano ignorando un aspetto drammatico delle conseguenze dell’incidente di Fukushima. CONTAMINATO - Naoto Matsumura vive in una città fantasma, senza elettricità e beve l’acqua estratta da un pozzo vicino alla sua casa. Dopo gli esami clinici per misurare i livelli di contaminazione il suo organismo è risultato «completamente contaminato». Ma nonostante la diagnosi l’unico cittadino di Tomioka non si scoraggia e dichiara di volere seguire da vicino le opere di bonifica commissionate dal governo. «Dobbiamo decontaminare quest’area o questa città morirà. Io rimarrò qui per essere sicuro che questo venga fatto e perché voglio morire dove sono nato».

Aiuti anche alle coppie gay a Milano, l'ira di "Avvenire".

«È un dovere da parte delle istituzioni aiutare tutte le coppie, sia quelle sposate sia quelle legate da vincoli affettivi, che si trovano in uno stato di difficoltà». Il sindaco Giuliano Pisapia si schiera senza se e senza ma a fianco dei suoi assessori Pierfrancesco Majorino e Cristina Tajani che hanno firmato la delibera con cui si allarga il fondo anticrisi anche alle coppie di fatto e alle unioni gay: «Chi ha bisogno, che è legato da vincoli affettivi e si trova in uno stato di difficoltà, così come chi è sposato, deve essere aiutato. È un dovere da parte delle istituzioni». Conclusione: «Sono contro ogni discriminazione e lo sarò sempre». Ma la presa di posizione del sindaco non placa le polemiche: interne ed esterne. Con una spaccatura profonda all'interno del Pd. E con l'intervento molto critico di Avvenire , il giornale della Cei. La capogruppo Carmela Rozza ribadisce le sue critiche. Anzi le accentua: «È un errore politico per chi vuole istituire il registro delle coppie di fatto e dargli vere conseguenze pratiche. Perché in questo modo si sono creati steccati: tra maggioranza e opposizione, impedisce il dialogo tra i laici presenti nei due schieramenti e anche tra i cattolici di maggioranza e opposizione. Non mi sembra un grande risultato per raggiungere l'obiettivo...». E già domani in consiglio comunale verrà chiesto che la delibera passi in commissione, «perché questo è argomento dell'aula». La replica arriva direttamente da Majorino: «Ritengo incredibile la polemica. Dovrebbero farci i complimenti perché sblocchiamo fondi praticamente inutilizzati. Poi, se queste sperimentazione si rivelerà inefficace, la miglioreremo nel tempo, ma oggi non vedo dov'è lo scandalo». Gli dà man forte il segretario cittadino del Pd, Francesco La Forgia: «Se la crisi non guarda in faccia nessuno, anche le soluzioni per contrastarla devono fare altrettanto. Per questo sosteniamo senza esitazioni l'iniziativa della giunta e del sindaco». Salvo lasciare una porta aperta alle critiche della Rozza: «Riteniamo che ci sarà tempo e modo per permettere al consiglio di verificare gli effetti di questa sperimentazione». Solidarietà anche da parte dell'associazione radicale Certi Diritti e da Franco Grillini: «Misura di buon senso». Ma le prese di distanza arrivano anche dell'esterno. A partire dall'Avvenire, il giornale della Cei che attacca direttamente Pisapia citando don Milani: «La peggiore ingiustizia, lo insegnava anche don Lorenzo Milani, è trattare in maniera uguale situazioni differenti». «Sconcerta - scrive il giornale dei vescovi - che il sindaco, che è avvocato e uomo di legge, scelga con questo atto di ribaltare le fonti del diritto, anteponendo una legge di regolazione amministrativa addirittura alla Costituzione. Che all'articolo 29 è inequivocabile nel riconoscere "i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio"». L'opposizione spara da alzo zero: «La giunta Pisapia è sempre più allo sbaraglio - attacca Mariolina Moioli -: dimostra di non conoscere i problemi della città e di procedere sulla base dell'ideologia». «Ciò che è distinto per natura - chiude Masseroli, Pdl - non può essere reso uguale dal sindaco».

20 gennaio 2012

Addio Kodak

NEW YORK - Eastman Kodak getta la spugna e richiede la bancarotta assistita. L'icona della fotografia soccombe alle nuove tecnologie, alla mancanza di liquidità e all'incapacità di vendere i propri brevetti. La società durante il Chapter 11 (amministrazione controllata) continuerà a operare grazie al finanziamento da 950 milioni di dollari che si è assicurata da Citigroup. A gettare nella fossa l'azienda è stata anche la politica di Apple, Htc, Research in Motion (produttrice dei Blackberry) e altri giganti delle nuove tecnologie. E' l'azienda stessa che lancia queste accuse, attraverso il chief financial officer della società, Antoinette McCorvey, nei documenti presentati in tribunale. Secondo McCorvey, queste aziende hanno approfittato della debolezza finanziaria di Kodak nel braccio di ferro sulle loro presunte violazioni della proprietà intellettuale. E "quando le condizioni finanziarie di Kodak hanno iniziato a deteriorare, la società ha iniziato a sperimentare ritardi nelle negoziazioni per le licenze con Apple, Research in Motion e Htc, scrive il Cfo. "La riorganizzazione punta a rafforzare la liquidità, a monetizzare la proprietà intellettuale non strategica e a far concentrare la società sulle attività di maggior valore", afferma Eastman Kodak in una nota. La richiesta per il Chapter 11 è stata presentata a un tribunale di Manhattan: nella documentazione Eastman Kodak dichiara asset per 5,1 miliardi di dollari e 6,75 miliardi di dollari di debito. Dominic Di Napoli è stato scelta alla guida del processo di ristrutturazione. Il Chapter 11 rappresenta un duro colpo per l'amministratore delegato Antonio Perez: durante la sua gestione Kodak ha bruciato 7 miliardi di dollari di valore di mercato. Eastman Kodak si augura di emergere dalla bancarotta il prossimo anno dopo aver tagliato i costi e venduto parte del portafoglio brevetti. Da quando Perez ha assunto le redini di Eastman Kodak nel 2005, la società ha accusato perdite ogni anno. Fondata 131 anni fa e con 19.000 dipendenti, la Kodak ha messo in guardia sullo stato precario dei propri conti a novembre, avvertendo che se non fosse riuscita a vendere i propri brevetti o a raccogliere nuovi capitali avrebbe esaurito la liquidità a sua disposizione. Colosso della fotografia fino a pochi anni fa, Kodak ha sperimentato una forte crisi mentre tentava di orientare nuovamente la propria attività. I problemi si sono intensificati nel 2001. Lo scorso autunno Kodak ha assunto alcuni consulenti per ristrutturarsi e ha terminato una linea di credito da 160 milioni di dollari, alimentando i timori sulla sua sopravvivenza. Kodak ha tentato per mesi di risanare i propri conti con la vendita dei brevetti, un processo rallentato dai timori dei potenziali acquirenti sulla eventuale richiesta di bancarotta da parte della società.

15 gennaio 2012

Le auto della nostra Vita.

Nella storia dell'industria automobilistica non sono pochi i modelli che, anche dopo il "pensionamento", hanno continuato a mietere non poche simpatie, raccogliendo schiere di appassionati. Questi, ancora oggi e dopo anni o decenni si scambiano impressioni, opinioni e consigli di manutenzione su come "curare" le proprie vetture preferite. Ecco quindi una lista (sicuramente parziale) di alcuni dei modelli che ci hanno accompagnato nei momenti più belli del nostro passato e che senza dubbio possiamo considerare come entrate di diritto nel cuore di tutti gli italiani. Fiat 126 Fu l'erede della 500, con la quale condivideva tutto lo schema meccanico, riuscendo a vendere nel mondo oltre 5,6 milioni di esemplari; in Italia rimase in listino per quasi 20 anni, dal 1972 al 1991. Dotata di motori da 594 a 704 cc con potenze fino a 33 CV, la 126 era lunga poco più di tre metri e poteva vantare consumi contenuti, fino a circa 17 Km/litro. Fiat 127 Nata come una vettura che potesse soddisfare le esigenze di una piccola famiglia, la 127 è rimasta in produzione per 16 anni (dal 1971 al 1987) e derivava da un progetto dello scomparso Pio Manzù, figlio del grande scultore. La prima serie poteva contare su motori da 903 cc con 47 CV di potenza, che garantivano 140 Km/h di velocità massima e un consumo in città di quasi 13 Km/litro. Fiat Uno Una delle auto più diffuse al mondo con oltre 8 milioni di esemplari prodotti, fu l'erede della 127 e venne disegnata da Giorgetto Giugiaro. Uno dei simboli degli anni '80 poteva contare al momento del debutto su un motore da 903 cc con 45 CV di potenza ed era lunga circa 3,64 metri. Autobianchi A112 Una delle vetture più apprezzate degli anni '70 fu presentata al pubblico al Salone di Torino del 1969 e venne prodotta in più di 1,2 milioni di esemplari e otto serie diverse nell'arco di 17 anni, fino al 1986. Al suo esordio era mossa da motori a quattro cilindri in linea da 903 cc e 44 CV che le permettevano di arrivare sino a 140 Km/h con consumi di 14,5 Km/litro. Alfa Romeo Alfasud La prima automobile prodotta nel nuovo stabilimento Alfa Romeo di Pomigliano d'Arco fu la storica Alfasud, protagonista indiscussa e simbolo degli anni '70. Commercializzata in più di un milione di esemplari, la prima serie di questa vettura aveva sotto il cofano un motore boxer 4 cilindri da 1,2 litri per 73 CV in grado di farla arrivare a 156 Km/h. Lancia Delta Per molti è il simbolo dell'auto da rally nella sua incarnazione HF Integrale, ma la Lancia Delta in origine nasce come erede della Beta cambiando tutti i canoni stilistici della Casa dello scudo. E' stata la prima (e finora unica) Lancia eletta come Auto dell'Anno, nel 1980. Rimasta in commercio dal 1979 al 1999, è stata poi riproposta nel 2008 nella versione tutt'ora in commercio. Citroen 2CV Una delle vetture più longeve della storia con i suoi 42 anni di servizio (dal 1948 al 1990) fu una delle auto preferite dal ceto medio per almeno un paio di generazioni. In origine era mossa da un 2 cilindri boxer raffreddato ad aria da 375 cc e con una potenza di 9 CV; la velocità massima era di 65 Km/h. Renault 4 Prodotta dal 1961 al 1993 in più di 8 milioni di esemplari, la Renault 4 prendeva spunto da quella 2 CV che stava avendo un successo straordinario, cercando però di limarle i difetti e proponendola con un prezzo più basso rispetto alla rivale. All'inizio della sua vita la Renault 4 era dotata di un motore a 4 cilindri da 747 cc in grado di erogare 24 CV. Renault 5 Fu una delle citycar più diffuse degli anni '70 e '80 e rappresentò per molti versi un salto di qualità per le auto destinate prevalentemente ad un uso cittadino, con i suoi ingombri ridotti e una grande versatilità. Prodotta fino al 1984, all'esordio poteva contare su un motore da 782 cc da 36 CV che la spingeva fino a 120 Km/h. Mini Una delle auto più famose e apprezzate (specialmente dal pubblico femminile) di tutti i tempi, fu prodotta su licenza in Italia dalla Innocenti, per aggirare l'ostacolo dei dazi doganali, nel periodo tra il 1965 e il 1975. Protagonista in innumerevoli film e vettura di successo anche nei rally, fu prodotta in varie versioni tra il 1959 e il 2000 prima dell'avvento della BMW. Il primo modello montava un propulsore da 848 cc con una potenza di 34 CV. Buona Domenica

13 gennaio 2012

Un nuovo grattacielo...cattivo presagio !

La costruzione di grattacieli ha spesso preceduto le crisi finanziarie. E' quanto hanno scritto gli analisti della Barclays Bank in uno studio pubblicato oggi, in cui si afferma l'esistenza di «un nesso pericoloso tra la costruzione dei più alti edifici del mondo e una crisi finanziaria imminente». Gli analisti ricordano il caso dell'Empire State Building, costruito a New York nel 1930, nel pieno della Grande depressione, della Willis Tower di Chicago, nel 1974, in pieno shock petrolifero, e delle Petronas Towers della Malaysia, nel 1997, in piena crisi finanziaria asiatica. Fino a quello dei giorni nostri, il grattacielo Burj Khalifa, inaugurato nel 2010 a Dubai in piena crisi economica.
Spesso gli edifici più alti del mondo, scrivono gli analisti, «rispecchiano una sbagliata allocazione del capitale e l'imminenza di una correzione economica». «Gli investitori dovrebbero prestare particolare attenzione alla Cina», ammoniscono quindi gli analisti, ricordando che conta al momento il 53% dei grattacieli in costruzione nel mondo. Altro sorvegliato speciale dovrebbe essere l'India, che ha completato finora due grattacieli, ne ha altri 14 in costruzione e dovrebbe inaugurare entro il 2016 il secondo più alto del mondo, la 'Tower of India'. Questa esplosione delle costruzioni faraoniche rischia di nuovo di finire male, ammonisce Barclays, prevedendo una possibile «correzione economica per le due grandi economie asiatiache nei prossimi cinque anni».

12 gennaio 2012

Lo Shopping Break

Buon anno torniamo a scrivere, stamattina parliamo dello "shopping Break". I saldi? Sono una buona occasione di acquisto, ma anche… un lavoro. Una giornata di shopping intensivo implica ore in cammino da un negozio all'altro, lo stress di stare in coda in negozi sovraffollati e poco tempo per meditare gli acquisti. Il risultato è che a volte si finisce per comprare la prima cosa che capita e per pentirsi dell'acquisto in breve tempo. Ecco allora le regole d'oro di sopravvivenza, per uno shopping fruttuoso: la prima sta nel concedersi una pausa di riflessione di almeno dieci minuti ogni due ore di shopping, per riposare il corpo e la mente e razionalizzare gli acquisti. Insomma, serve uno Shopping Break. Uno studio realizzato da FOUND!, la prima agenzia di mood marketing communication in Italia, promosso grazie al coinvolgimento di 120 “esperti di acquisto” (direttori e responsabili di negozi, commessi, consulenti e personal shopper) e psicologi, medici, sociologi e personal trainer, fotografa le abitudini di acquisto dei nostri connazionali e spiega come evitare errori e stress inutile. Secondo il 64% degli esperti intervistati l’atteggiamento predominante con cui gli italiani affrontano lo shopping dei saldi è lo stress. Almeno la metà degli acquirenti va di fretta (41%), è irritabile (28%) e sembra vivere gli acquisti come un male a cui non ci si può sottrarre (19%). Naturalmente non è così per tutti: secondo il 21% sono ancora molti a vivere gli acquisti come un momento piacevole, di gioia e di condivisione e come un’occasione per evadere e per concedersi un capo desiderato e "adocchiato" da tempo (39%). In genere le donne sono più organizzate e decise degli uomini. Per trarre il massimo profitto dal momento dei saldi e non farsi prendere dalla frenesia ci sono alcune strategie che si possono mettere in atto. Si tratta soprattutto di pianificare” (53%), dividersi i compiti (39%) e scegliere bene il momento degli acquisti (31%). L'importante è soprattutto, durante una maratona di acquisti, prendersi una pausa in cui staccare la spina e ragionare a mente fredda. Insomma serve uno Shopping Break. Ecco le sue cinque regole d'oro:
1 – MENS SANA IN CORPORE SANO: un fisico riposato aiuta la mente nella scelta dell'acquisto giusto. Non importa se in piedi o seduti, l’importante è concedersi almeno 10 minuti di pausa ogni due ore di shopping, magari bevendo un caffè o una bibita. 2 – RAZIONALIZZA CIO’ CHE HAI VISTO: oltre al corpo, bisogna far riposare anche la mente per essere lucidi nel ricordare quello che si è visto. Passare in rassegna tante vetrine può causare confusione e rendere difficile l’individuazione del capo giusto. 3 – TUTELA IL TUO PORTAFOGLI: lo Shopping Break serve anche a fare il punto su quello che abbiamo visto e su quanto abbiamo speso rispetto al budget che ci siamo assegnati all'inizio dello shopping. 4 – PLACA I CONFLITTI: se siamo in giro in compagnia del partner, dei figli o di un'amica, una pausa aiuta a calmare gli attriti che spesso si generano durante lo shopping: i tempi di attesa nei negozi e le indecisioni davanti al capo da acquistare rischiano spesso di sfociare in litigi. 5 – TROVA LA SCELTA GIUSTA: se si è in compagnia ci si può confrontare con gli altri per fare il punto della situazione e dividersi i compiti su cosa comprare. Se invece sei da solo puoi ragionare con cognizione di causa astraendoti dal caos che ti circonda.