31 luglio 2012

Aria di crisi sulle vacanze si riscopre la casa di famiglia.

Snobbate per anni, evitate come la peste, rinnegate con gli amici. La scusa ufficiale era il bisogno di conoscere il mondo. Il motivo reale era il terrore di condividere qualche giorno con la vecchia zia o il rischio di subire la visita a sorpresa (con licenza di restare) del fratello con i tre gemelli o della sorella con i suoi gatti e il cane. Adesso, però, le seconde case si prendono la rivincita. Da Framura ad Altipiani di Arcinazzo, mai si erano viste tante tapparelle aperte d’estate. È tutto un fare i turni in famiglia: se proprio non ci si può alternare, si sta insieme e pazienza.] Snobbate per anni, evitate come la peste, rinnegate con gli amici. La scusa ufficiale era il bisogno di conoscere il mondo. Il motivo reale era il terrore di condividere qualche giorno con la vecchia zia o il rischio di subire la visita a sorpresa (con licenza di restare) del fratello con i tre gemelli o della sorella con i suoi gatti e il cane. Adesso, però, le seconde case si prendono la rivincita. Da Framura ad Altipiani di Arcinazzo, mai si erano viste tante tapparelle aperte d’estate. È tutto un fare i turni in famiglia: se proprio non ci si può alternare, si sta insieme e pazienza. L’Osservatorio nazionale Federconsumatori ha calcolato che un italiano su tre cercherà ospitalità da amici e parenti. Soltanto 20,4 milioni (il 34%) potranno permettersi di partire per almeno una settimana. Mentre il 31 per cento dovrà rinunciare del tutto a fare le valigie. Il presidente di AstraRicerche Enrico Finzi ha stimato l’incremento di quanti, in data primo luglio, pianificavano un ritorno alle origini: +15 per cento. [Esplora il significato del termine: Un altro indicatore che non lascia dubbi sulla flessione delle vacanze è il dato di Federalberghi sulle presenze nel mese di giugno: -7,6 per cento rispetto al 2011; -7,1% di italiani e -8,2% di stranieri. Viaggiamo meno, spendiamo meno: alla spiaggia a pagamento ora preferiamo quella libera, non andiamo più a mangiare fuori ogni sera. E risparmiare sull’affitto diventa fondamentale, se si vuole lasciare la città.] Un altro indicatore che non lascia dubbi sulla flessione delle vacanze è il dato di Federalberghi sulle presenze nel mese di giugno: -7,6 per cento rispetto al 2011; -7,1% di italiani e -8,2% di stranieri. Viaggiamo meno, spendiamo meno: alla spiaggia a pagamento ora preferiamo quella libera, non andiamo più a mangiare fuori ogni sera. E risparmiare sull’affitto diventa fondamentale, se si vuole lasciare la città.

82 enne ex dirigente Rinascente suicida lascia eredità ai Carabinieri.

MILANO - Vedovo da pochi mesi, anziano, ammalato da tempo, domenica ha deciso di farla finita nel modo più tragico, gettandosi dalla finestra del suo elegante appartamento del centro di Milano. L'anziano ex dirigente della Rinascente non aveva figli né parenti vicini, ma soltanto una grande ammirazione per l'Arma dei carabinieri, forse dovuta a amicizie di vecchia data, oppure a episodi ormai lontani della sua vita. E forse proprio in quei legami c'è la spiegazione del singolare testamento dell'uomo: tutto il patrimonio, 2 milioni 145 mila euro, andrà infatti all'Arma dei Carabinieri. IL SUICIDIO - Il tragico gesto è avvenuto alle 13.50 di domenica. Sergio G., 82 anni, ex-dirigente della Rinascente, si è gettato dalla finestra di casa sua, in corso Garibaldi 72. L'uomo era rimasto vedovo nel febbraio scorso. Dopo la pensione, l'ex dirigente e la moglie avevano deciso di trascorrere nove mesi all'anno in Spagna e successivamente avevano acquistato l'appartamento in corso Garibaldi, dove hanno vissuto insieme fino alla morte della moglie Franca Maria Antonella, 80 anni, di origini romane. IL TESTAMENTO - L’uomo era affetto da numerose patologie che da anni lo stavano distruggendo fisicamente e moralmente. Prima di gettarsi, ha lasciato una lettera con precise indicazioni: «In caso di mia morte improvvisa rivolgetevi all'avvocato Vito Pizzonia, esecutore testamentario...» e è proprio lui a raccontare, senza scendere nei dettagli, che il suo cliente «aveva una forte simpatia per i carabinieri». Nel testamento si chiede di destinare 2 milioni e 145mila euro al Fondo assistenza previdenza e premi per il personale dei Carabinieri. Un lascito milionario che sembra un ringraziamento.

Rai Soimmersa dalle cause di lavoro con 1 dipendente su 10.

Ogni mattina gli avvocati della Rai entrano in ufficio e trovano sul tavolo una busta con i bolli del tribunale: un altro dipendente ha fatto causa all'azienda. Il rapporto è ormai di uno a dieci. Ogni dieci dipendenti c'è una causa di lavoro. Nel solo 2010 ne sono arrivate 285 nuove di zecca, 73 in più rispetto al 2009. La conclusione è che alla fine di quell'anno la Rai ne aveva aperte ben 1.309, a fronte di 13.313 dipendenti in tutto il gruppo. IL PROVVEDIMENTO - Sarà la crisi, oppure le conseguenze di un provvedimento approvato due anni fa che ha peggiorato le condizioni degli indennizzi, ma i dati dicono che l'andazzo è andato addirittura peggiorando: l'anno prima ci si era fermati a quota 1.264. E comunque con questa storia i nuovi vertici dovranno fare i conti. Il benvenuto per la presidente Anna Maria Tarantola e il direttore generale Luigi Gubitosi è una relazione di 157 pagine appena sfornata dalla Corte dei conti nella persona di Luciano Calamaro, magistrato incaricato del controllo sulla tivù di Stato. Appena se n'è avuta notizia l'azienda si è premurata di precisare che quel rapporto riguarda il 2010, cioè un periodo gestionale, chiuso da oltre un anno, attribuibile all'ex direttore generale Mauro Masi. Le cose, hanno fatto sapere, sarebbero assai migliorate. In effetti il risultato economico del gruppo Rai è passato da una perdita di 98 milioni nel 2010 a uno stiracchiatissimo utile di 4,1 milioni nel 2011. Ma i fondamentali restano gli stessi. I COSTI - A cominciare da un costo del lavoro che ha superato di slancio il miliardo di euro: 1.027 milioni, contro 1.014 un anno prima. Il fatto è che pure il piano degli esodi incentivati (ne erano previsti almeno 400), che costano mediamente 108 mila euro a persona, si scontra con la realtà degli accordi sindacali per la stabilizzazione dei precari e delle cause di lavoro che spesso costringono l'azienda ad assumere. Il risultato è che nel 2011 il numero dei dipendenti di tutto il gruppo si è ridotto appena di un centinaio di unità. Mentre l'anno prima, dice la Corte dei conti, gli stipendi pagati dalla sola Rai spa erano saliti a 11.857, contro 11.698 nel 2008: ben 10.110 erano quelli per il personale a tempo indeterminato, 270 in più nei confronti di due anni prima. Ancora. Soltanto i giornalisti in pianta stabile erano 1.675, ma considerando anche i 344 precari si arrivava allo spettacolare numero di 2.019, ridotto un anno dopo a 1.972. Per un costo medio, relativo esclusivamente ai garantiti, pari a 151 mila euro l'anno. LE ASSUNZIONI - Nel solo 2010 le assunzioni a tempo indeterminato in tutta l'azienda sono risultate 430, una novantina in più rispetto a due anni prima, di cui 296 precari stabilizzati. Dal 2008 al 2010 hanno avuto il posto fisso in Rai 1.121 persone: l'11 per cento di tutti gli attuali dipendenti a tempo indeterminato. I tagli vengono dunque subito compensati dalle assunzioni. Ed è chiaro che avere un numero di dipendenti pressoché doppio, in termini omogenei, rispetto al gruppo privato Mediaset, che ha un fatturato decisamente superiore (4 miliardi 250 milioni, contro 3 miliardi 41 milioni della Rai) non può essere considerato un dettaglio. Del resto, non bisogna essere degli esperti di scienze economiche per rendersi conto che a viale Mazzini non nuotano nell'oro. Il nuovo presidente della Rai Anna Maria Tarantola (Ansa/Percossi)Il nuovo presidente della Rai Anna Maria Tarantola (Ansa/Percossi) IL BILANCIO - La posizione finanziaria netta alla fine del 2011 era negativa per 272 milioni, con un peggioramento dell'indebitamento di 118 milioni sull'anno precedente. Il che non ha impedito di concludere l'acquisto degli stabilimenti Dear a Roma: 52 milioni e mezzo di euro. Dice la Corte dei conti che c'è un «persistente sbilancio negativo fra ricavi e costi, le cui ripercussioni negative sulla situazione economico-patrimoniale e finanziaria della società stanno assumendo carattere strutturale e dimensioni preoccupanti». Secondo i magistrati contabili «tutte le voci di entrata evidenziano problematiche». E lo «sbilancio» non risparmia nemmeno le trasmissioni che dovrebbero fare, immaginiamo, soldi a palate. Il Festival di Sanremo, per citare un caso. In solo due anni, nonostante introiti pubblicitari per 24 milioni 850 mila euro, la Rai ci ha rimesso la bellezza di 17 milioni 424 mila euro: 9 milioni 580 mila nel 2009 e 7 milioni 844 mila nel 2010. Le perdite causate da uno degli eventi televisivi più importanti della stagione sono stati praticamente pari alle royalty intascate dal Comune di Sanremo, che ha una convenzione in base alla quale la tivù di stato corrisponde al municipio ogni anno per l'esclusiva del festival qualcosa come 9 milioni di euro. IL CANONE - Certo, il bilancio soffrirebbe meno se le entrate del canone non fossero «notevolmente compromesse», per usare le parole della Corte dei conti, «dalle crescenti dimensioni dell'evasione». Un fenomeno che avrebbe raggiunto 450 milioni l'anno. Va da sé che il suo «efficace contrasto», affermano i magistrati contabili, «contribuirebbe a riequilibrare la posizione economico finanziaria della società». Sempre presupponendo, naturalmente, che non si intervenga come forse sarebbe necessario sull'attuale struttura dei costi. Peccato però che «al momento», sottolinea la relazione, «non siano state introdotte misure volte ad arginare il fenomeno». La faccenda in effetti è molto complessa anche per la mancanza di norme specifiche. Ma tant'è. Stime aziendali parlano di un tasso medio del 26,7 per cento, e crescente: era al 26,1 nel 2008 e al 26,5 nel 2009. Nelle Regioni meridionali tocca punte mostruose. In Campania siamo al 44,5%, in Sicilia al 42,2, in Calabria al 39,7. Impietoso è il confronto con le altre televisioni pubbliche europee: in Germania e Regno Unito l'evasione si aggira intorno al 5%; in Francia non supera l'uno per cento. Per non parlare poi del canone «speciale», quello dovuto dagli esercizi commerciali: i mancati introiti qui sarebbero dell'ordine del 60 per cento. EVASIONE - Con le attività di recupero si portano a casa circa 400 mila abbonamenti l'anno. Nel 2010 sono stati, per l'esattezza, 415.001. Ma il numero dei nuovi abbonati così racimolati è appena superiore a quello delle disdette che arrivano ogni dodici mesi: 310.368 nel 2010, 323.545 l'anno precedente e 294.382 nel 2008. Dalla contabilità separata si ricava che con i soli incassi del canone la Rai non riuscirebbe a coprire i costi delle attività del cosiddetto «servizio pubblico». Il disavanzo, secondo i dati ufficiali, sarebbe stato di 364 milioni nel solo 2010. Un piccolissimo contributo per alleggerirlo verrà quest'anno dalla decisione di Anna Maria Tarantola, che si è autoridotta lo stipendio rispetto ai 448 mila euro del suo predecessore Paolo Garimberti. Mentre Gubitosi, dopo le polemiche sul suo trattamento, ha deciso di rinunciare al contratto a tempo indeterminato, accontentandosi dei 650 mila euro l'anno di paga per la durata del mandato. È circa il 9 per cento in meno rispetto alla retribuzione di Masi (715 mila euro). Ma ci sono sempre da fare i conti con la legge che impone un taglio anche alle retribuzioni dei manager delle società di Stato. Sempre che prima o poi il decreto attuativo, già in ritardo di due mesi rispetto alla scadenza prevista del 31 maggio, salti fuori.

30 luglio 2012

Pazzia Umana

MILANO - Quello che è accaduto qualche giorno fa all'aeroporto di Katowice, nella Polonia meridionale, sta indignando non solo l’opinione pubblica polacca. Una telecamera di sorveglianza ha documentato una coppia che lascia la figlia di due anni davanti allo sportello informazioni prima di partire per le vacanze. A quanto riferiscono i media del Paese, il passaporto della piccola sarebbe stato scaduto. I genitori, tuttavia, non volevano perdere l’aereo.
FERIE - Sono saliti sull’aereo per le vacanze assieme al fratello maggiore della piccola. Questa è dovuta rimanere a terra perché il suo passaporto non era più valido. Papà e mamma le hanno detto di aspettare l’arrivo dei parenti e l’hanno consegnata agli (increduli) dipendenti dell’aeroporto. La polizia è stata allertata qualche tempo dopo, hanno verificato l’identità della bimba e le circostanze per le quali era rimasta completamente sola nello scalo. La decisione dei genitori potrebbe avere ora delle serie conseguenze. Una portavoce del procuratore distrettuale ha spiegato di aver aperto un’inchiesta: verranno sentiti i testimoni, analizzate le immagini video e interrogati i genitori, non appena questi ritorneranno dalle vacanze di due settimane. Rischiano fino a cinque anni di prigione.

Farmaci griffati KO, insdustrie farmaceutiche in agitazione.

La spending review si abbatte anche sui farmaci griffati. Il medico dovrà limitarsi ad indicare solo il principio attivo ed eventualmente giustificare una diversa scelta. Lo prevede appunto un emendamento alla spending review. «Il medico che curi un paziente, per la prima volta, per una patologia cronica, ovvero per un nuovo episodio di patologia non cronica, per il cui trattamento sono disponibili più medicinali equivalenti - recita l'emendamento approvato - è tenuto ad indicare nella ricetta del la sola denominazione del principio attivo contenuto nel farmaco». «L'eventuale prescrizione di uno specifico medicinale tra quelli equivalenti deve essere giustificata dal medico con sintetica motivazione scritta». «VERGOGNOSO» - La reazione di Farmindustria non si è fatta attendere. Il presidente Massimo Scaccabarozzi parla di un fatto «vergognoso»: «Questo è un attacco all'industria farmaceutica - afferma - Saremo davvero costretti, a questo punto e per effetto di tali norme a chiudere le nostre aziende» E aggiunge «è una vergogna poichè ci si serve del decreto sulla Spending review per lanciare un attacco all'industria farmaceutica. Da tale misura non deriva alcun vantaggio di tipo economico nell'ambito della revisione delle spese dello Stato». Il Servizio sanitario nazionale, precisa ancora la nota di Farmindustria «rimborsa comunque solo il farmaco generico equivalente a più basso costo». La differenza di costo, optando per un farmaco griffato, resta dunque a carico del cittadino. Pertanto, conclude Scaccabarozzi, «non c'è un risparmio per lo Stato. La ratio di questa misura è incomprensibile. Vorrà dire, alla luce di tutto questo, che saremo davvero costretti a chiudere le nostre imprese».

La seconda rata IMU ? Un delirio.

ROMA - Aumenti di imposta, rispetto all'acconto, fino all'80%. È quanto dovranno aspettarsi a settembre i proprietari di immobili locati, in sede di versamento del saldo dell'Imu (per chi ha scelto di pagare in due rate). Secondo i calcoli effettuati dall'Ufficio studi della Confedilizia, l'applicazione della maggiore aliquota deliberata dai vari Comuni, rispetto a quella base uniformemente adoperata per la prima rata e pari al 7,6 per mille, avrà effetti molto pesanti, soprattutto per chi ha affittato con contratti «liberi». «L'effetto per le locazioni è fortemente scoraggiante - commenta il segretario generale di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa -. C'è il rischio che si tengano le case sfitte». Oppure che i canoni in scadenza vengano gravati di forti aumenti. È bene ricordare, per correttezza, che la maggiorazione dell'esborso dell'imposta da Ici a Imu è determinata oltre che dall'aumento dell'aliquota, dall'incremento del 60% della base imponibile, dovuto alla variazione del moltiplicatore da applicare alla rendita catastale. Contratti calmierati Ma vediamo qualche esempio, cominciando dai contratti «calmierati» e prendendo come campione un immobile di categoria A/2, cinque vani, in zona semiperiferica. Nelle città di Roma, Napoli e Perugia, ad esempio, dove per la seconda rata si applicherà un'aliquota del 10,6 per mille, l'aggravio rispetto alla prima rata sarà del 79%. A Roma, partendo da una rendita catastale di 787,60 euro, se la prima rata è stata di 503 euro, la seconda sarà di 900, per un totale di 1.403 euro. Una bella cifra se si tiene conto che una rata di Ici per un'abitazione simile era di 190 euro. A Napoli, stesso discorso: partendo da una rendita catastale di 800,51 euro e da una prima rata di 511 euro, ci si ritrova a settembre con 915 euro, per un totale di 1.426. A Napoli una rata di Ici per un'abitazione simile valeva 294 euro. «Questo aggravio non è giusto soprattutto per chi ha accettato di calmierare i prezzi per ottenere dei vantaggi fiscali» chiosa Giorgio Spaziani Testa. Chi paga meno Ma ci sono anche città in cui la seconda rata costerà di meno: è il caso di Milano, Trieste e Torino, dove l'aliquota scelta dal Comune è inferiore a quella base del 7,6 per mille: per le prime due si colloca al 6,5 per mille, per l'ultima a 5,75. Così, a Milano se per la prima rata per un immobile, sempre in affitto calmierato, con rendita catastale di 877,98 euro si è pagato 560 euro, per la seconda bisognerà sborsarne 399 (184 euro era la rata Ici), per un totale di 959 euro. A Torino, su una rendita catastale di 787,60 euro, si passa da un acconto Imu di 503 a un saldo 258 euro (era 41 la rata dell'Ici). Vanno segnalate anche le città che manterranno invariata l'aliquota base del 7,6 per mille, come Ancona, Aosta, Bologna, Firenze, Genova e Venezia. Contratti liberi Passando ai contratti "liberi", le cose peggiorano. Lo studio di Confedilizia individua peggioramenti della seconda rata Imu pari al 79% a Roma, Napoli, Torino, Bologna, Genova, Venezia e Perugia, tutte città in cui l'aliquota applicata sarà quella del 10,6 per mille. Ma anche a Milano, dove l'aliquota sarà del 9,6 per mille, il saldo salirà del 53%. A Bologna il conto più salato: partendo da una rendita catastale di 1.020 euro, se la prima rata è stata di 651 euro, la seconda sarà di 1.165 (la rata Ici era di 305 euro), per un totale di 1.817 euro. A Roma si passerà da 503 a 900 euro (289 la rata Ici), a Napoli da 511 a 915 (294 Ici). A Milano dove l'acconto è stato di 560 euro, il saldo sarà di 856 (230 Ici), per un totale di 1.416 euro. Nessuna città, tra le più grandi segnalate nello studio, registra aliquote inferiori a quella base per la seconda rata. Ce ne sono però alcune che la lasceranno invariata al 7,6 per mille, come Aosta, e altre che stanno ancora decidendo, come Bari, L'Aquila, Potenza e Catanzaro.

27 luglio 2012

Non conta la quantita l'extasy fà male.

MILANO - Sarebbero sufficienti anche "solo" dieci pastiglie all'anno (meno di una al mese) per causare danni alla memoria paragonabili a quelli considerati come indicatori della prima fase di demenza. È questa la conclusione alla quale sono giunti i ricercatori dell'Università di Colonia al termine di uno studio volto a precisare il grado di pericolo che corre chi assume questo tipo di stupefacente. Dall'epoca della sua comparsa l'ecstasy è stato al centro di numerosi dibattiti scientifici che ne hanno discusso l'effettiva pericolosità: c'è stato chi ha previsto un popolo di giovani "zombie decerebrati" e chi, come David Nutt (capo consulente del settore droga del governo inglese), ha perso il proprio incarico per avere sostenuto che «prendere ecstasy è pericoloso quanto andare a cavallo». Insomma, sull'MDMA (la meta-anfetamina che è il principio attivo dell'ecstasy) i pareri sono da lungo tempo discordanti e lo studio tedesco ha tentato di evidenziare i danni più manifesti e inequivocabili. LA RICERCA - Precedenti studi erano stati incentrati sulla perdita di memoria causata dal consumo di questa droga, ma i risultati erano stati parzialmente inficiati dal fatto che i ricercatori non sapevano se i volontari avessero già sofferto in precedenza di problemi di memoria. Per aggirare questo ostacolo gli esperti dell'Università di Colonia hanno arruolato 149 giovani che avevano già provato la droga artificiale e che si prevedeva l'avrebbero assunta ancora in futuro. Sui partecipanti all'esperimento sono stati condotti test sulla memoria, sull'apprendimento, sulla velocità di elaborazione del pensiero e sull'attenzione all'inizio della ricerca e un anno dopo, alla sua conclusione. I RISULTATI - Al termine dell'anno di sperimentazione ventitrè giovani sono diventati consumatori abituali di ecstasy con un'assunzione di pastiglie variabile da dieci a sessantadue. Tutti costoro hanno mostrato chiari segni di deterioramento della memoria episodica, un tipo di memoria a lungo termine che è legato a tutti gli avvenimenti della nostra vita e assicura l'identità e la continuità del sé, racchiudendo la nostra storia personale. Il deficit della memoria episodica, che viene considerato un chiaro sintomo delle prime fasi di demenza, è stato rilevato anche in coloro che avevano preso meno di una pastiglia al mese. «Misurando le funzioni cognitive delle persone che non avevano una lunga storia di uso di ecstasy e identificando un anno dopo coloro che ne erano diventati consumatori abituali anche a basso dosaggio e rimisurando le loro prestazioni attraverso test specifici - ha dichiarato Daniel Wagner, a capo dello studio pubblicato sulla rivista Addiction - siamo stati in grado di isolare gli effetti dello stupefacente sulle capacità mentali dei volontari. I dati che abbiamo ottenuto sollevano una certa preoccupazione anche sull'uso limitato nella quantità e del tempo dell'MDMA». UN PARERE CONTRARIO - Di fronte ai risultati dello studio tedesco c'è stato anche chi, come Valerie Curran (professore di psico-farmacologia dello University College di Londra), ha sottolineato che il pensiero attualmente più comune sull'uso di ecstasy sia che «durante il periodo di uso dello stupefacente possono manifestarsi difficoltà mnemoniche di grado piuttosto leggero e con uno scarso impatto sulla vita reale, che terminano nel momento in cui si smette di farne uso».

Skype addio privacy

Skype è stato per anni uno dei pochi servizi di comunicazione in cui l'intercettazione dei dati risultava praticamente impossibile. Ma ora le cose potrebbero cambiare. La compagnia ha annunciato che renderà accessibili alla polizia tutte le conversazioni delle sue chat. A dare notizia del giro di vite è il Washington Post, secondo cui le telefonate audio e video resteranno ancora anonime. «UN PROVVEDIMENTO NECESSARIO» - Ma come fa notare sempre il quotidiano americano, presto le cose potrebbero cambiare anche per quest'ultima modalità di comunicazione, soprattutto quando le chiamate Skype diventeranno il sistema di telefonia più utilizzato nel mondo. La notizia non è stata accolta con piacere dagli attivisti di tutto il mondo. Ma per l'Fbi si tratta di un provvedimento necessario. La chat di Skype sarebbe infatti «uno degli strumenti più usati dai terroristi islamici». E, secondo le cronache, in passato Skype è stato uno dei canali più utilizzati per nascondere le proprie tracce in rete, sia dai criminali sia dai dissidenti politici nei paesi non democratici. A far discutere è però il fatto che la polizia Usa potrà accedere, oltre che ai testi delle chat, anche ai dati personali degli utenti, perfino ai numeri di carta di credito. Ma non solo. Microsoft, proprietaria di Skype, ha concesso alle agenzie di intelligence di intercettare le conversazioni e leggere la corrispondenza dei propri utenti. Così, in accordo con la politica di privacy di Skype si possono fornire informazioni personali, il contenuto delle conversazioni e la cronologia dei messaggi se richiesto dai servizi segreti o dalla magistratura.

Milano-Europa apre il registro delle Unioni Civili.

MILANO - «Abbiamo ridotto lo spread sull’Europa dei diritti civili». Con queste parole il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia ha accolto l’approvazione del registro cittadino per le unioni civili. Il voto definitivo - 27 favorevoli, 7 contrari e 4 astenuti - è arrivato nella notte, poco dopo le tre e mezza, alla fine di un Consiglio comunale fiume durato undici ore e mezza (era iniziato alle 16,30). La delibera istituisce un registro a cui le coppie, sia etero che omosessuali, possono iscriversi contestualmente alla registrazione della famiglia anagrafica. «D’ora in poi nelle delibere comunali saranno parificate a chi è sposato. Anche le coppie gay – spiega Marco Mori, presidente di Arcigay Milano –. C’è voluto più tempo del previsto, ma il voto di questa notte è un segnale importante». NON È IL MATRIMONIO GAY - Le unioni civili «registrate» permetteranno l’accesso solo ai servizi forniti dal Comune. Non apriranno alla possibilità di ereditare o alla pensione di reversibilità: benefici garantiti alle coppie sposate che dipendono dalle leggi dello Stato. E infatti Pisapia ha precisato che il registro milanese è un provvedimento solo «di carattere amministrativo». «Escludo che questa delibera apra alla possibilità di matrimoni gay», ha spiegato il sindaco, «per avere i matrimoni gay servirebbe una legge del Parlamento». UNA LUNGA TRATTIVA - Il voto è arrivato dopo una lunga trattativa, fuori e dentro la maggioranza. Alla fine, nonostante l’approvazione di alcune modifiche alla delibera, quattro cattolici del Pd si sono astenuti e solo due consiglieri del Pdl, Luigi Pagliuca e Pietro Tatarella, hanno votato con la maggioranza. Contrari al provvedimento la maggioranza dei consiglieri comunali del Pdl e la Lega Nord. Il testo è frutto della mediazione fra le richieste dell'ala cattolica del Pd e quelle dell'ala laica del Pdl, favorevole al provvedimento. Dalla versione approvata - su proposta del Pdl - è stato cancellato il termine «famiglia anagrafica» ed è stato sostituito con «unione civile», per «rimarcare la differenza tra coppie di fatto e famiglia tradizionale». E, nel definire le unioni civili, il passaggio «insieme di persone legate da vincoli affettivi» è stato sostituito con «due persone legate da vincoli affettivi» per «evitare il rischio di poligamia». Si è arrivati così alla creazione di un registro «diverso da quello della famiglia anagrafica ma collegato», che consentirà di ottenere un attestato di unione civile e al quale le coppie di fatto potranno iscriversi dopo aver ottenuto il certificato di famiglia anagrafica. IL VALORE SIMBOLICO - I sostenitori del provvedimento, però, rivendicano il valore simbolico del registro, soprattutto per le coppie omosessuali: «Non c’è dubbio che stiamo parlando del diritto degli omosessuali di essere riconosciuti come coppia; perché gli omosessuali questo diritto non ce l’hanno», ha spiegato la capogruppo del Pd in Consiglio comunale Carmela Rozza. Milano così è la terza metropoli italiana, dopo Torino e Napoli, a fornire un riconoscimento alle coppie non sposate. Anche il neosindaco di Genova, Marco Doria, in campagna elettorale si era detto pronto a farlo.

26 luglio 2012

Italiani in fuga ddalle strade con i pedaggi.

MILANO- Non sarà un'estate di code infernali sulle strade italiane. Fra crisi, prezzi della benzina alle stelle e vacanze fuori stagione, il classico «esodo» di fine luglio da fiume si è trasformato in ruscello. Almeno a dare retta alle previsioni. A preoccupare caso mai è lo sciopero dei benzinai confermato per il 4-5 agosto.
I GIORNI PIU' DIFFICILI IN AUTOSTRADA-Per Autostrade per l'Italia ci sarà soltanto un giorno da bollino nero: sabato 4 agosto, momento in cui il traffico toccherà il picco stagionale soprattutto su A1 e A14. Codice rosso, e quindi forti code e rallentamenti, anche il 3-5 agosto e i week end del rientro: 18-19 e 25-26. L'attenzione sulla sicurezza è alta: Vittorio Rizzi neo direttore del servizio di Polizia stradale spiega che «il bilancio dei morti sulle strade è ancora troppo alto, i giovani pagano un tributo pesante». Nei giorni più caldi saranno in campo 5000 uomini, 1.500 pattuglie, 150 moto e migliaia di etilometri. BOOM SULLE STRADE SENZA PEDAGGIO- Per l'Anas, che gestisce 25 mila km di strade, l'esodo riflette «il periodo difficile». «Ci si sposterà meno, la maggior parte degli italiani spenderà meno dell'anno precedente e ridurrà la durata delle vacanze a una sola settimana» spiega Pietro Ciucci presidente dell'Anas. In compenso ci saranno più week end lunghi e una diminuzione dei transiti in autostrada. «Ci aspettiamo un incremento sulle strade prive di pedaggio, già dal prossimo fine settimana sono attese grandi partenze». LA SALERNO-REGGIO-CALABRIA- Secondo l'Anas i tratti critici dell'A3 Salerno-Reggio-Calabria, quelli dove si viaggia a una corsia sola, ammontano a 44 km contro gli oltre 90 dell'anno precedente. «L'obiettivo di chiudere tutti i cantieri entro il 2013 procede con puntualità» assicura Ciucci. Per completarla ci vorranno altri 3 miliardi di euro. «La più grande opera in corso di realizzazione» la definisce il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera: «Ci abbiamo messo la faccia, deve essere finita entro l'anno prossimo». I NUOVI AUTOVELOX VERGILIUS- Intanto da metà luglio sono in funzione i nuovi rilevatori di velocità Vergilius su SS1 Aurelia, SS7 quarter Domitiana, SS 309 Romea. Oltre a controllare il limite massimo, gli apparecchi monitorano la velocità media, come i tutor in autostrada. Ecco dove sono. OCCHIO ALLA SICUREZZA-Nonostante il traffico in calo, l'attenzione resta alta sul fronte della sicurezza. Secondo un rapporto di Viasat su dati della Polizia Stradale, nelle ultime due settimane di luglio si registrano il maggior numero di incidenti. Dei 211.404 sinistri che ogni anno provocano la morte di 4090 persone il ferimento di oltre 302 mila, ben 21.272 avvengono in luglio per un totale di 450 vittime, più del 10%. A guidare la triste classifica è la Lombardia, seguita da Lazio, Emilia-Romagna e Toscana.

Quanto costa un momento di regressione ? 100 euro di multa.

MILANO - Gli agenti della polizia locale del Comune di Dorno (Pavia) hanno sorpreso una signora di una certa età a dondolarsi su un'altalena del parco «Sandro Pertini». Un passatempo che - come riferisce La Provincia Pavese - è costato caro alla pensionata 56enne: dovrà pagare una multa di 100 euro. La sanzione è prevista dal regolamento comunale di Dorno (Pavia): i giochi del parco possono essere utilizzati solo da bambini di età inferiore ai 12 anni. Non è la prima volta, da quanto si è saputo, che la donna viene «sorpresa» a usare l'altalena. Nei casi precedenti i vigili si erano limitati a riprenderla verbalmente: stavolta, invece, è scattata la sanzione pecuniaria. SU E GIU' IN DUE - L'altalena in questione è del tipo detto «See Saw» (in Italia «din-don» o «salta salta») a due posti, dove una persona fa da contrappeso all’altra: la signora si era seduta di fronte a un bambino, che da solo non avrebbe potuto adoperare il gioco. Cosa che la 56enne ha spiegato ai vigili, protestando garbatamente per poi avanzare le sue scuse: «Come potrebbe un bimbo dondolarsi su questa altalena, senza che qualcuno faccia da contrappeso sul sedile opposto?». Ma i vigili, irriducibili con la «recidiva», hanno applicato alla lettera regolamento e la prevista sanzione.

Perugia finiti i soldi strade senza asfalto.

PERUGIA - «Non abbiamo più un euro per asfaltare le nostre strade. Porterò in consiglio provinciale un piano per tornare alle strade bianche, come ai tempi di Coppi e Bartali». Stavolta non è solo una provocazione quella del presidente della Provincia di Perugia, Marco Vinicio Guasticchi (Pd), le casse dell’amministrazione per la manutenzione delle strade della provincia di Perugia («e di tutta l’Umbria», dice Guasticchi) sono al verde e dunque a giorni saranno sospesi tutti i lavori di ordinaria manutenzione. Recentemente un rapporto aveva lanciato l'allarme sullo stato di salute delle strade italiane. GLI EFFETTI DELLA SPENDING REVIEW-«E’ un duro colpo non solo alla viabilità ma alla sicurezza di automobilisti e motociclisti», sottolinea l’amministratore. Guasticchi discuterà il problema giovedì all'attenzione dell'assemblea dei presidenti delle Province italiane, a Roma. «La spending review sta creando disagi notevoli al nostro ente – ha scritto Guasticchi in una nota - che non dispone più delle risorse sufficienti da investire neppure nella manutenzione ordinaria delle strade. Al danno si aggiunge la beffa perché, secondo il decreto “Salva Italia”, la gestione della viabilità dovrebbe essere la principale delega delle future province». LE MACCHINE CON LO SPONSOR-Se la situazione non sarà risolta, il presidente della Provincia di Perugia ha già pronto un piano d’emergenza. Che prevede appunto la trasformazione di alcune importanti arterie provinciali in «strade bianche». Ci guadagnerà il già magico paesaggio dell’Umbria, ma per il traffico sarà un cataclisma. Intanto, per far fronte ai sempre minori trasferimenti statali, il vulcanico amministratore umbro ha tagliato le auto blu sostituendole con macchine gratuite messe a disposizione di uno sponsor. Lo stesso presidente ha sostituito la sua auto blu con una moto con sidecar. «Più economica e a prova di strade bianche», spiega con un sorriso amaro l’amministratore.

25 luglio 2012

Ciao George Jefferson...

Da Arcibaldo ai Jefferson. Passando per Willy, il principe di Bal Air. È morto nella sua casa a El Paso, Sherman Hemsley, 74 anni, noto al grande pubblico per aver interpretato il ruolo di George Jefferson nel noto telefilm. LA MORTE- A dare la notizia della morta è il sito di gossip statunitense Tmz. com. Secondo una prima ricostruzione, l'uomo sarebbe stato trovato dall'infermiera che in un primo momento non si sarebbe accorta di nulla. Poi ha dato l'allarme. Sembrerebbe che Hesley sarebbe morto per cause naturali. Sposato con Isabel Sanford anche nella vita, l'attore ha debuttato con il ruolo di George Jefferson nel telefim Arcibaldo.

Il mondo del Rock contro Google.

Un nuovo attacco a Google, che riapre una questione in realtà mai sopita: un motore di ricerca può essere responsabile se viene utilizzato dagli utenti per cercare il materiale illegale che viene caricato sui portali di file sharing? Secondo alcuni musicisti inglesi sì: sono molti infatti i firmatari di una lettera inviata al Daily Telegraph e destinata al primo ministro David Cameron. DA ELTON JOHN A SIMON COWELL - Serve più azione contro la copia e la distribuzione illegale della musica, precisa il quotidiano: hanno aderito all'appello, tra gli altri, Sir Elton John, Lord Lloyd Webber, Tinie Tempah insieme ad altri rapper, Robert Plant dei Led Zeppelin, il produttore e ideatore di X Factor Simon Cowell e Professor Green. Guidano il gruppo Pete Townshend dei The Who e Brian May dei Queen. Le star fanno notare che le Olimpiadi di Londra «metteranno sotto i riflettori l'industria creativa britannica», e che quindi «il Paese è in una posizione favorevole per accrescere le esportazioni musicali». LA LETTERA - Nella missiva viene sottolineato «il ruolo che i motori di ricerca possono giocare nel dare agli utenti l'accesso alle copie illegali» e che «le aziende web e gli investitori online devono fare di più per prevenire la pirateria». In sostanza bisognerebbe «proteggere i consumatori e gli artisti dai siti illegali». Anche la BPI, l'associazione che rappresenta le case discografiche nel Regno Unito, ha accusato Google di rendere «semplice per gli utenti trovare i link ai siti di file sharing, dove possono scaricare liberamente materiale pirata». Cameron e i suoi ministri dovrebbero quindi provvedere al più presto a implementare la legge anti-pirateria varata due anni fa (il Digital Economy Act ndr). Infatti le misure varate, allo stato attuale, non saranno toccate fino al 2014. LA RISPOSTA DI GOOGLE - Il motore di ricerca ha fortemente negato il supporto alla pirateria, e ha fatto sapere di «rimuovere mensilmente dalle sue pagine milioni di link dietro richiesta dei legittimi detentori dei diritti d'autore». Ma il dibattito è destinato a far discutere a lungo.

Venezia: Rubano gondola per tornare al lavoro.

Dal Corsera VENEZIA - Rubano di notte una gondola per tornare all’albergo, ma vengono sorpresi da una pattuglia di agenti della Polizia municipale mentre tentano di destreggiarsi alla voga del natante in Canal Grande. E’ questa la scena che si è presentata agli occhi della pattuglia del Pronto Intervento della Polizia locale veneziana che nella notte tra lunedì e martedì, in Canal Grande, nei pressi di Rialto, ha notato una gondola con due giovani che armeggiavano su remi e forcole tentando maldestramente di vogare. Alla richiesta dei documenti da parte degli agenti, che nel frattempo avevano abbordato l’imbarcazione, uno dei due individui, con un’agile mossa, riusciva a saltare dapprima sulla prua del motoscafo della pattuglia, per poi guadagnare terra e dileguarsi tra le calli. Il giovane rimasto in gondola veniva identificato come G.N., cittadino statunitense alloggiato in un noto hotel di Venezia. Alla richiesta di motivare il gesto, il giovane, perfettamente sobrio, ammetteva candidamente che la gondola gli serviva per ritornare all’albergo. Al momento sono in corso gli accertamenti per identificare il giovane datosi alla fuga. La gondola, sottratta dallo stazio di Riva del Carbon, è stata riconsegnata al proprietario che ha provveduto in mattinata a sporgere denuncia – querela nei confronti dei due giovani.

24 luglio 2012

Buste paga al palo da 10 anni...

Dall'inizio del nuovo millennio la busta paga dei dipendenti è praticamente ferma. Dal 2000 al 2010 le retribuzioni medie reali nette sono aumentate solo di 29 euro, passando da 1.410 a 1.439 euro (+2%). È quanto emerge dalle tabelle contenute nella relazione annuale di Bankitalia elaborate dall'Adnkronos. Risultati su cui pesa, ovviamente, la crisi economica e gli interventi che hanno toccato in particolare gli statali. Su cui, per il momento, sembra scampato il pericolo di un taglio delle tredicesime. AUMENTA GAP TRA NORD E SUD - Dai dati emerge inoltre che il gap tra centro-nord e sud-isole non arresta la sua corsa: l'incremento è stato del 2,5% contro lo 0,7%. In termini reali al centro-nord si è passati da 1.466 euro del 2000 a 1.503 euro del 2010, con un aumento di 64 euro; mentre nel mezzogiorno le retribuzioni passano da 1.267 euro a 1.276 euro, con una crescita di soli 9 euro. Rispetto alla media nazionale le retribuzioni si attestano a un +4% per i lavoratori del centro-nord e -10,1% per quelli di sud e isole, mentre 10 anni dopo di arriva a +4,4% e -11,3%. LA CRISI - I grafici mostrano anche gli effetti negativi che la crisi ha avuto sulle retribuzioni; secondo le rilevazioni condotte con cadenza biennale emerge che nel 2006 le retribuzioni medie arrivavano a 1.489 euro, due anni dopo (con l'inizio della crisi) erano scese a 1.442 euro, e nel 2010 la situazione era ulteriormente peggiorata, arrivando a 1.439 euro. La riduzione in termini reali, in quattro anni, è stata mediamente di 50 euro (-3,3%). In generale la crisi ha influito sulle buste paga di tutti i lavoratori dello stivale: nel centro-nord del paese la riduzione è stata di 46 euro (-2,9%), mentre nel sud e isole il taglio è stato di 56 euro (-4,2%). UOMINI E DONNE - Le differenze restano notevoli anche tra i due sessi; con gli uomini che sono passati da 1.539 euro a 1.586 euro (+47 euro), e le donne, che partivano da 1.220 euro e sono arrivate e 1.253 euro (+35 euro). Tra il 2008 e il 2010 le retribuzioni reali mensili pro capite dei lavoratori a tempo pieno, al netto di imposte e contributi sociali, spiega Bankitalia, sono cresciute dello 0,8% (2% per le donne). Nello stesso periodo la quota dei lavoratori a bassa retribuzione è salita di tre decimi di punto percentuale, al 9,4%. PART-TIME - Palazzo Koch spiega che, proprio a causa dell'espansione del part-time, le retribuzioni nette medie per il totale dei lavoratori dipendenti sono diminuite dello 0,2%, riflettendo esclusivamente il calo del mezzogiorno.

Una donna lo comanda lui si licenzia

VENEZIA - Un facchino musulmano di un hotel di Venezia si sarebbe dimesso non sopportando di prendere ordini da una donna. E gli avrebbero salvato il posto affiancandogli un maschio. Protagonista della vicenda un egiziano dipendente del Danieli che si era licenziato per non subire «l'onta» di ricevere disposizioni da una governante. Questa una prima versione dei fatti. Ma la direzione dell'albergo in tarda mattinata si affretta a smentire l'intera faccenda. E il fatto, commentato rapidamente da tutta Italia, diventa di fatto una sorta di giallo. L'uomo avrebbe lasciato il celebre hotel ma non trovando un altro lavoro si sarebbe ripresentato alla direzione che tenendo in grande considerazione il lavoro dell'extracomunitario lo avrebbe riassunto garantendogli che nei suoi turni si troverà a fianco, oltre alla donna, un collega maschio che gli comunicherà gli incarichi. La «mediazione», come indica Il Gazzettino, sarebbe andata a buon fine e l'uomo sarebbe tornato regolarmente al suo lavoro. Diversa, come detto, la versione dell'albergo. Si dice «sorpreso» il direttore dell'hotel Danieli di Venezia, Christophe Mercier, e sottolinea all'Adnkronos che il facchino non aveva mai comunicato ufficialmente il problema che viveva. «Non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione ufficiale scritta dal dipendente - riferisce Mercier - noi rispettiamo tutte le persone che lavorano con noi e se ci fosse stato posto il problema avremmo potuto agire». Il direttore del celebre hotel della città lagunare sostiene infatti che l'azienda non era a conoscenza del caso e quindi non ha preso nessuna misura per cambiare l'organizzazione del personale: «Siamo sorpresi da questo articolo, ne prendiamo atto e ne parleremo con la persona interessata», prosegue il direttore dell'albergo. Il facchino egiziano «continua a lavorare qui», dice, e prende ancora ordini da una donna: «Viene sempre gestito da donne perché le governanti sono tutte donne», sottolinea Mercier. «La nostra azienda - conclude il direttore - ha sempre un comportamento corretto, giusto, etico nei confronti di tutti i dipendenti, di tutte le nazionalità e le religioni».

Paradisi fiscali, ingiustizie Sociali

I numeri che nelle ultime ore stanno facendo onde alte in mezzo mondo sono questi: almeno 21 mila miliardi di dollari (circa 15 mila in euro), sarebbero depositati in paradisi fiscali. Forse 32 mila. In conti protetti, a bassissimo regime di tassazione nei soliti luoghi, Svizzera, Cayman Islands, Bermuda, Irlanda, Singapore e via dicendo (guarda dove sono i paradisi fiscali). È come prendere le intere economie di un anno di Stati Uniti e Giappone e nasconderle sotto il tappeto. Oppure, nel caso della stima più alta, due volte il Prodotto lordo americano. Denaro in sonno, non usato a scopi produttivi e nemmeno tassato nel luogo in cui è stato prodotto. Una buona fetta di questo - tra i 7,3 e i 9,3 mila miliardi - di proprietà di residenti in Paesi in via di sviluppo. Questa è solo la ricchezza finanziaria nascosta: non sono calcolate opere d'arte, immobili, gioielli, yacht domiciliati negli stessi paradisi. Le cifre colossali risultano da uno studio realizzato per il gruppo di attivisti Tax Justice Network da James Henry, esperto di tassazione, ex capo economista della società di consulenza McKinsey. È stato pubblicato ieri dal settimanale britannico Observer. Per arrivare alle sue conclusioni, Henry ha incrociato una serie di fonti, compresi dati della Banca per i regolamenti internazionali e del Fondo monetario internazionale. Ne risultano stime che forniscono una narrazione interessante dei movimenti della ricchezza nell'era della globalizzazione. Stime che però vanno trattate con prudenza e che possono essere lette da diverse angolazioni. I 21-32 mila miliardi di dollari sono quanto sarebbe finito nei paradisi tra il 1970 e il 2010. Il risultato di movimenti di capitale favoriti - come dice lo stesso Henry - «da uno stormo di facilitatori professionisti altamente pagati e industriosi nei settori del private banking, della professione legale, della contabilità e dell'investimento». Una parte di questi spostamenti sarebbe avvenuta in forma di flussi di capitale. Un'altra attraverso fatturazioni false. Dei 6.500 miliardi di dollari che per esempio sarebbero usciti illegalmente dai Paesi in via di sviluppo tra il 2000 e il 2008, 3.477 deriverebbero da fatture truccate che hanno consentito di creare offshore patrimoni non identificabili dalle autorità: il 60% dalla Cina, l'11% dal Messico, il 5% dalla Malaysia, il 3% da India e Filippine. Nello stesso periodo, invece, sarebbero usciti per vie diverse, ma sempre illegali, 427 miliardi di dollari dalla Russia, 302 dall'Arabia Saudita, 268 dagli Emirati Arabi, 242 dal Kuwait, 152 dal Venezuela. Lo stesso fenomeno Henry lo misura nei Paesi sviluppati, naturalmente. Da una parte, individui ricchi e certe multinazionali usano vie illegali per evadere il Fisco: la ricerca individua abusi da parte di imprese nel commercio di banane, di minerali, di grano, di legno, nella finanza e nella gestione di contratti di proprietà intellettuale. Dall'altra, questo denaro mobile trova punti deboli nelle legislazioni nazionali che consentono quell'elusione ai confini delle regole che va sotto il nome di pianificazione fiscale internazionale. La gestione della ricchezza da parte di grandi banche globali è uno dei modi che Henry ha utilizzato per le sue stime (fa l'elenco delle prime 50 nella gestione del denaro, in testa Ubs, Credit Suisse, Goldman Sachs). Per illustrare il suo metodo, Henry cita anche l'enorme domanda, apparentemente inspiegabile, che si è sviluppata nel corso degli anni per i biglietti da cento dollari e la loro bassissima velocità di circolazione; una serie di redditi mancanti nelle statistiche internazionali; le frequenti diversificazioni di portafoglio (per fare uscire denaro da un Paese) e altri indicatori. Il risultato è la stima stratosferica della «ricchezza» dei centri offshore. Che l'evasione e l'elusione siano enormi è risaputo. La cifra di 21-32 mila miliardi di dollari ha però suscitato qualche perplessità: difficile immaginare che un forziere del genere se ne stia più o meno in sonno, in un mondo dove «il denaro non dorme mai». «Ci sono chiaramente quantità significative nascoste - ha commentato alla Bbc il direttore dell'Ufficio per la semplificazione fiscale britannico, John Whiting -. Ma, se veramente è quella la misura, cosa sta facendo tutto quel denaro?». Whiting non ha elementi per contestare le cifre ma sostiene che «l'ipotesi che un ammontare del genere sia attivamente nascosto e mai usato sembra strana». Lo studio di Henry pone ovviamente la questione delle mancate tasse raccolte dagli Stati. Ma anche quella dell'ingiustizia sociale. L'economista calcola che il 30,3% della ricchezza finanziaria mondiale sia nelle mani di 91.186 happy few : si tratta di 16,7 mila miliardi di dollari, 9,7 dei quali se ne starebbe offshore. Una super élite di redditieri e donne e uomini d'affari occidentali seduti allo stesso desco di nababbi del petrolio, dittatori africani ed emergenti asiatici e sudamericani. Se si apre un po' il ventaglio, poco più di nove milioni di cittadini - membri d'onore di una più sobria (si fa per dire) «élite globale» che controlla oltre l'80% della ricchezza liquida del pianeta - avrebbero depositato offshore 19 mila e seicento miliardi di dollari. Paradisi, nel senso di mondi paralleli e invisibili.

23 luglio 2012

Londra 2012 - Quando gli stewart Olimpici sono impreparati.

LONDRA – Non le sembrava vero di poter lavorare per le Olimpiadi. «Ho visto la pubblicità e ho pensato: "Mi presento subito"». Non è andata come previsto l'avventura olimpica di Claudia Blunt, 20 anni, studentessa di Cambridge nonché figlia del sottosegretario per le prigioni. Si è candidata per fare la steward per la sicurezza a Earls Court, oggi dai giornali lancia l'allarme. VOLONTARI NON PREPARATI - Ragazzi non preparati, studenti arruolati perché possono essere pagati sei sterline l'ora, giovani che non sarebbero in grado di prestare l'assistenza medica richiesta dal manuale perché non hanno fatto il corso e che per passare la prova prevista dal regolamento hanno ottenuto domande e risposte dagli esaminatori, con tanto di raccomandazione: «Sbagliatene qualcuna, così è tutto più verosimile». «Ho deciso di raccontare tutto – ha spiegato Claudia al Mail On Sunday – perché non voglio sentirmi in colpa se succede qualcosa». INDAGINE SUGLI APPALTI - Il comitato organizzativo Logoc ha avviato un'inchiesta sull'operato di Tungsten SIA, la società incriminata dalle rivelazioni di Blunt, precisando che l'appalto per gli steward a Earls Court era stato vinto da un altro gruppo, AP Security, che potrebbe aver delegato qualche responsabilità a un'altra società, violando così i termini del contratto. «Non sono accuse che prendiamo alla leggera, andremo a fondo e scopriremo cosa è successo», ha detto un portavoce, «la sicurezza è una priorità». L'ADDESTRAMENTO MANCATO - Il compito degli stewart è di accompagnare la gente dentro l'arena e controllare i perimetri del campo. Stando a quanto ha raccontato Blunt la Tungesten SIA ha reclutato 240 studenti, nessuno dei quali ha ricevuto alcun tipo di addestramento o preparazione.

In Germania 1 papaà su 4 stà a casa con i figli.

BERLINO - A Berlino, il fine settimana, le strade e i parchi si riempiono di giovani famiglie. Padri, madri, bambini, carrozzine e passeggini invadono viali, negozi e giardini pubblici. È una città molto giovane, e questo si sapeva. Ma la differenza arriva dal lunedì al venerdì, quando le stesse famiglie scendono di nuovo in strada. Questa volta, però, con un'eccezione. Ci sono gli stessi bambini, le stesse carrozzine e gli stessi passeggini. E, spesso, gli stessi padri, magari con il biberon in mano. Mancano solo le madri, perché sono in ufficio o in fabbrica a lavorare. Impressioni? Coincidenze irripetibili di una città giovane e progressista? Non solo. In tutta la Germania la percentuale dei neopapà che prendono un congedo di paternità è schizzata dal 3,5% del 2007 al 16% del 2009 fino al 25% oggi. Le cifre - riportate in uno studio dell'Istituto tedesco per la ricerca economica (Diw) e rimbalzate sul quotidiano Berliner Zeitung - sono il risultato di una riforma messa in piedi cinque anni fa dall'allora ministro della Famiglia Ursula von der Leyen, madre di sette figli e oggi ministro del Lavoro. Il sistema lanciato nel 2007 prevede in linea di massima fino a 14 mesi (per figlio) di congedo genitoriale, in cui viene versato fino al 67% dello stipendio a chi accudisce il bambino. Padre o madre che sia, non fa differenza. Anzi, se alla fine è comunque solo la madre a restare a casa, il congedo si blocca al dodicesimo mese. Altrimenti, se anche il padre lascia il lavoro per la cameretta del bebé, allora si arriva ai 14 mesi. Forse è anche per questo - per quei 2 medi di «bonus» se interviene anche il papà - che il congedo medio maschile viaggia proprio tra uno e due mesi. Ma c'è chi (il 14%) va oltre e resta a casa dai tre agli otto mesi. I tedeschi, storicamente amanti dei numeri e della precisione, hanno anche quantificato le ore. Quando sono in paternità, gli uomini dedicano ai figli 7 ore del giorno, contro le 2,7 ore nelle normali giornate di lavoro. «Sette ore, ma potrebbero fare ancora meglio», storcono il naso non poche mogli e compagne. Resta il fatto che, in ogni caso, un papà su quattro accetta uno stipendio ridotto pur di passare qualche mese con il nuovo arrivato. E - quasi incredibile, ma vero - ci sono padri che, una volta tornati tra computer e scrivania, chiedono il part time. Qui mancano i numeri, ed è prevedibile che siano piuttosto bassi. Ma il fenomeno, visto con occhi mediterranei, dà comunque nell'occhio. Un'altra sorpresa viene dalla classifica dei Land (le regioni in cui è divisa la Germania) dove più alta è la quota dei padri in congedo. La lista, stilata dall'Ufficio statistico federale, vede sul podio due Land della vecchia Germania Est: la Sassonia (prima) e il Brandeburgo (terzo). Al secondo posto la ricca Baviera, al quarto Berlino. In Baviera, dove il mercato del lavoro «tira» e la domanda delle aziende è forte, probabilmente molti padri in congedo non temono «ripercussioni» al loro ritorno in ufficio. Nei Land dell'Est la situazione può essere più complessa e il mercato meno roseo. Eppure, come appunto in Sassonia, in diverse regioni la quota dei padri in congedo è più alta, molto più alta, di quanto succede in facoltosi Land dell'Ovest, dal Baden-Wuerttemberg al Nord Reno-Westfalia. Dietro tanti «family men» tedeschi ci sono molte donne che, normalmente, guadagnano più dei loro mariti o compagni. Quindi, fatti due conti in tasca, la coppia può ritenere più opportuno dare più spazio a lei nel lavoro. E una prova di tutto ciò la danno, ancora una volta, i numeri: da quando il congedo è diventato «egalitario», le donne tornano prima in ufficio, gli uomini dopo e - nell'anno che segue alla nascita del bimbo - il reddito complessivo della famiglia è oggi più alto di quanto succedeva in passato. «Significativamente» più alto, precisa lo studio «made in Germany».

80% nuovi assunti è precario

In Italia il posto fisso è sempre più un miraggio, ormai meno di due assunzioni su dieci sono a tempo indeterminato. È quanto emerge dall'Indagine Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro sul terzo trimestre del 2012. Nel periodo luglio-settembre le assunzioni stabili previste sono appena il 19,8% su un totale di quasi 159 mila. Nello specifico, si avranno 42 contratti atipici ogni 100 contratti di assunzione diretti (25,8 nel 2° trimestre) e 25 contratti di lavoro «non dipendente» ogni 100 contratti di lavoro dipendente (diretti o interinali), quasi il doppio rispetto ai 13 del trimestre precedente. GIOVANI - Un terzo dei nuovi assunti per il terzo trimestre dell'anno saranno giovani: queste le previsioni di Unioncamere, in particolare contenute nel sistema informativo Excelsior in collaborazione con il Ministero del Lavoro. «Per il terzo trimestre - si legge in uno studio - le imprese assegnano ai giovani fino a 29 anni, tra il personale da assumere, una quota del 32,7% del totale, un punto percentuale in più rispetto al trimestre scorso. Questo incremento, in termini relativi, delle opportunità per i giovani si avrà però solo nel settore dei servizi, dove nel corso del trimestre il ricambio, sia pure parziale, della popolazione lavorativa, si accompagnerà anche a un maggiore 'ringiovanimentò dei lavoratori in ingresso, la cui quota di giovani potrà infatti accrescersi di quasi 3 punti, dal 32 al 34,7%». INDUSTRIA - Nell'industria, invece, la quota dei giovani presenterà una leggera contrazione (dal 29,8 al 26,8%). A salire i gradini della graduatoria delle professioni sono soprattutto docenti, insegnanti e ricercatori, operai dell'industria alimentare e tecnici del marketing; altre professioni in ascesa, interessanti per numero di assunzioni, sono quelle degli operai metalmeccanici, del personale di segreteria, e dei commessi della grande distribuzione; mantengono la posizione cuochi, camerieri e simili e i commessi di negozi e di esercizi all'ingrosso; tra le professioni che perdono quota si segnalano soprattutto quelle dei servizi di sicurezza, degli addetti alla logistica, dei servizi di pulizia e dei tecnici amministrativi e finanziari.

20 luglio 2012

Napolitano:"tutti uniti per la crisi" ma i politici ?

[Esplora il significato del termine: «Per evitare che la crisi degeneri siamo tutti chiamati» a «sacrifici».È l’appello dell Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato per la Tavola rotonda «I costi delle disuguaglianze sociali: come evitare che la crisi economica si tramuti in crisi sociale», organizzata dall’Associazione «Diritti in cammino», di cui è presidente Mara Carfagna. «RISORSE COMPRESSE E VECCHI PRIVILEGI» -«Non è più accettabile -prosegue Napolitano- che preziose risorse e capacità umane restino compresse da vecchi privilegi, da protezionismi a senso unico, da assurde discriminazioni. Queste disuguaglianze, infatti non rappresentano solo una negazione dei nostri valori costituzionali, ma incidono negativamente anche sulla capacitá di sviluppo del paese». «SACRIFICI PER L’ISTRUZIONE E LA RICERCA»- È perciò necessario -ha sottolineato il Capo dello Stato- che i sacrifici a cui siamo tutti chiamati per evitare che la crisi economica degeneri e produca ulteriori, insostenibili tensioni e ingiustizie devono tradursi in investimenti nella formazione e qualificazione del capitale umano e nell’innovazione, attraverso le leve dell’istruzione e della ricerca». CASINI - Sul tema dei sacrifici è intervenuto anche il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, a margine di un incontro con i giovani di Confindustria. «Questa mattina ho incontrato Monti, con il quale siamo d’accordo che non ci sarà bisogno di nuove manovre. Il Paese ha già fatto i compiti a casa, non si possono chiedere agli italiani sacrifici supplementari. Ora dobbiamo concentrarci sulle iniziative europee e sulla creazione degli Stati Uniti d’Europa. Ieri era un sogno, oggi può diventare realtà. In Europa c’è bisogno di una risposta più efficiente, non vogliamo che gli amici tedeschi paghino i nostri debiti».] «Per evitare che la crisi degeneri siamo tutti chiamati» a «sacrifici».È l'appello dell Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato per la Tavola rotonda «I costi delle disuguaglianze sociali: come evitare che la crisi economica si tramuti in crisi sociale», organizzata dall'Associazione «Diritti in cammino», di cui è presidente Mara Carfagna. «RISORSE COMPRESSE E VECCHI PRIVILEGI» -«Non è più accettabile -prosegue Napolitano- che preziose risorse e capacità umane restino compresse da vecchi privilegi, da protezionismi a senso unico, da assurde discriminazioni. Queste disuguaglianze, infatti non rappresentano solo una negazione dei nostri valori costituzionali, ma incidono negativamente anche sulla capacitá di sviluppo del paese». «SACRIFICI PER L'ISTRUZIONE E LA RICERCA»- È perciò necessario -ha sottolineato il Capo dello Stato- che i sacrifici a cui siamo tutti chiamati per evitare che la crisi economica degeneri e produca ulteriori, insostenibili tensioni e ingiustizie devono tradursi in investimenti nella formazione e qualificazione del capitale umano e nell'innovazione, attraverso le leve dell'istruzione e della ricerca». CASINI - Sul tema dei sacrifici è intervenuto anche il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, a margine di un incontro con i giovani di Confindustria. «Questa mattina ho incontrato Monti, con il quale siamo d'accordo che non ci sarà bisogno di nuove manovre. Il Paese ha già fatto i compiti a casa, non si possono chiedere agli italiani sacrifici supplementari. Ora dobbiamo concentrarci sulle iniziative europee e sulla creazione degli Stati Uniti d'Europa. Ieri era un sogno, oggi può diventare realtà. In Europa c'è bisogno di una risposta più efficiente, non vogliamo che gli amici tedeschi paghino i nostri debiti».

Guerra ai gatti in Nuova Zelanda

[Esplora il significato del termine: WELLINGTON - È guerra ai gatti a Wellington in Nuova Zelanda. I simpatici felini, secondi solo ai cani tra le preferenze degli uomini, sono accusati di fare scempio di uccelli nativi, come i kaka, i tui e i bellbird. Le autorità invitano quindi i cittadini a non lasciare i mici liberi di scorazzare all’aperto, ma di tenerli in casa. Le società naturalistiche chiedono persino ai padroni di non acquistare più animali domestici. Ma la Royal New Zealand Society per la prevenzione contro la violenza agli animali domestici non ci sta e cerca di proteggere i mici da quella che considera una caccia alle streghe. APPELLO AI PADRONI – A seguito delle preoccupazioni del Comune, Raewyn Empson, conservation manager di Zealandia, l’oasi naturalistica alle porte di Wellington in prima linea nella protezione degli uccelli in via d’estinzione, è andata oltre e ha fatto appello ai proprietari perché riconsiderino le loro priorità e aiutino a salvare molte specie di volatili in pericolo. «Non chiederemmo mai a nessuno – ha specificato Empson – di sbarazzarsi del proprio gatto. Però ce la sentiamo di chiedere ai proprietari di felini di non comprare un nuovo micio, quando quello vecchio muore». Il conservation manager di Zelandia descrive i gatti come predatori versatili e killer per istinto. “Sono capaci di uccidere per tutta la loro vita, quindi per 15-20 anni”. Empson ha deciso per prima di dare il buon esempio e non ha rimpiazzato il proprio amato gatto quando è morto recentemente, all’età di 18 anni. UN ESERCITO DI GATTI - Una ricerca del 2008 dell’organizzazione Landcare ha rivelato che in Nuova Zelanda la popolazione di felini è di 220 unità per chilometro quadrato di terra. Altre ricerche calcolano che la popolazione di gatti si aggira tra le 900mila e 1,5 milioni di unità su un totale di 4,5 milioni di abitanti. Un vero e proprio esercito che si aggira indisturbato tra strade e giardini. I kiwi tradizionalmente amano infatti lasciare i propri animali domestici scorazzare liberamente nel backyard, il fazzoletto di prato che in Nuova Zelanda ogni casa che si rispetti possiede. Sebbene la polemica sia partita dalla capitale, sono in molti a chiedere interventi a livello nazionale. LA DIFESA DELLA ROYAL SOCIETY – La Royal New Zealand Society per la prevenzione alla crudeltà sugli animali è intervenuta nel dibattito sostenendo che non sia una cattiva idea tenere i gatti in casa («come fanno gli europei» precisa) , ma si è anche opposta vivacemente alla riduzione della popolazione felina. «Il gatto domestico è un cacciatore pigro – afferma il chief executive Robyn Kippenberger – Al massimo corre dietro a un topo, ma è difficile che uccida un uccello». D’accordo è anche il biologo John Flux che elenca i trofei del suo gatto in 17 anni di attività: 223 uccelli, di cui solo un quarto nativi, 221 topi, 63 ratti, 35 conigli, quattro lepri e due donnole. «Il bilancio – conclude – è favorevole al gatto che si presenta come un predatore urbano vantaggioso per l’equilibrio naturale». Con buona pace di Walter Berglund, il personaggio di Freedom, il bestseller di Jonathan Frenzen, che intraprende una crociata proprio contro i gatti assassini di volatili. I CONSIGLI – La Wellington Cats Protection League elenca una serie di regole d’oro per evitare che il proprio gatto si trasformi in un serial killer di uccelli. Tra i consigli, rimpinzarlo ben bene di cibo cosí da non essere incentivato a cacciare e rifornirlo di giocattoli mobili su cui poter sfogare il suo istinto di tigre. LE MULTE – I proprietari di gatti farebbero bene a seguire questi consigli. In caso di recrudescenza di morti volatili, Wellington minaccia di introdurre multe a chi lascia il gatto fuori casa, specie di notte. Un’iniziativa già presa dalla città di Melbourne, in Australia. ] WELLINGTON - È guerra ai gatti a Wellington in Nuova Zelanda. I simpatici felini, secondi solo ai cani tra le preferenze degli uomini, sono accusati di fare scempio di uccelli nativi, come i kaka, i tui e i bellbird. Le autorità invitano quindi i cittadini a non lasciare i mici liberi di scorazzare all’aperto, ma di tenerli in casa. Le società naturalistiche chiedono persino ai padroni di non acquistare più animali domestici. Ma la Royal New Zealand Society per la prevenzione contro la violenza agli animali domestici non ci sta e cerca di proteggere i mici da quella che considera una caccia alle streghe. APPELLO AI PADRONI – A seguito delle preoccupazioni del Comune, Raewyn Empson, conservation manager di Zealandia, l’oasi naturalistica alle porte di Wellington in prima linea nella protezione degli uccelli in via d’estinzione, è andata oltre e ha fatto appello ai proprietari perché riconsiderino le loro priorità e aiutino a salvare molte specie di volatili in pericolo. «Non chiederemmo mai a nessuno – ha specificato Empson – di sbarazzarsi del proprio gatto. Però ce la sentiamo di chiedere ai proprietari di felini di non comprare un nuovo micio, quando quello vecchio muore». Il conservation manager di Zelandia descrive i gatti come predatori versatili e killer per istinto. “Sono capaci di uccidere per tutta la loro vita, quindi per 15-20 anni”. Empson ha deciso per prima di dare il buon esempio e non ha rimpiazzato il proprio amato gatto quando è morto recentemente, all’età di 18 anni. UN ESERCITO DI GATTI - Una ricerca del 2008 dell’organizzazione Landcare ha rivelato che in Nuova Zelanda la popolazione di felini è di 220 unità per chilometro quadrato di terra. Altre ricerche calcolano che la popolazione di gatti si aggira tra le 900mila e 1,5 milioni di unità su un totale di 4,5 milioni di abitanti. Un vero e proprio esercito che si aggira indisturbato tra strade e giardini. I kiwi tradizionalmente amano infatti lasciare i propri animali domestici scorazzare liberamente nel backyard, il fazzoletto di prato che in Nuova Zelanda ogni casa che si rispetti possiede. Sebbene la polemica sia partita dalla capitale, sono in molti a chiedere interventi a livello nazionale. LA DIFESA DELLA ROYAL SOCIETY – La Royal New Zealand Society per la prevenzione alla crudeltà sugli animali è intervenuta nel dibattito sostenendo che non sia una cattiva idea tenere i gatti in casa («come fanno gli europei» precisa) , ma si è anche opposta vivacemente alla riduzione della popolazione felina. «Il gatto domestico è un cacciatore pigro – afferma il chief executive Robyn Kippenberger – Al massimo corre dietro a un topo, ma è difficile che uccida un uccello». D’accordo è anche il biologo John Flux che elenca i trofei del suo gatto in 17 anni di attività: 223 uccelli, di cui solo un quarto nativi, 221 topi, 63 ratti, 35 conigli, quattro lepri e due donnole. «Il bilancio – conclude – è favorevole al gatto che si presenta come un predatore urbano vantaggioso per l’equilibrio naturale». Con buona pace di Walter Berglund, il personaggio di Freedom, il bestseller di Jonathan Frenzen, che intraprende una crociata proprio contro i gatti assassini di volatili. I CONSIGLI – La Wellington Cats Protection League elenca una serie di regole d’oro per evitare che il proprio gatto si trasformi in un serial killer di uccelli. Tra i consigli, rimpinzarlo ben bene di cibo cosí da non essere incentivato a cacciare e rifornirlo di giocattoli mobili su cui poter sfogare il suo istinto di tigre. LE MULTE – I proprietari di gatti farebbero bene a seguire questi consigli. In caso di recrudescenza di morti volatili, Wellington minaccia di introdurre multe a chi lascia il gatto fuori casa, specie di notte. Un’iniziativa già presa dalla città di Melbourne, in Australia.

Posto auto in condominio.

I posteggi auto sono insufficienti? In condominio si fa a turno. Lo ha stabilito la Cassazione secondo la quale «la delibera assembleare che, in considerazione dell'insufficienza dei posti auto in rapporto al numero dei condomini, ha previsto l'uso turnario e stabilito l'impossibilitá, per i singoli condomini, di occupare gli spazi ad essi non assegnati anche se i condomini aventi diritto non occupino in quel momento l'area parcheggio loro riservata, costituisce corretta espressione del potere di regolamentazione dell'uso della cosa comune da parte dell'assemblea». IL RICORSO - In questo modo la seconda sezione civile ha respinto il ricorso di un condomino della capitale, Giuseppe M., residente in via Locatelli che si era opposto alla delibera dell'assemblea condominiale con la quale era stato disciplinato l'uso del garage comune a tutti i 12 condomini ma dotato di 11 posti macchina. L'assemblea, come ricostruisce la sentenza 12485, aveva appunto disposto che essendo i posti auto insufficienti i condomini facessero a turno. Un sistema che «menomava i diritti dei condomini».

19 luglio 2012

Tra i veri ci sono anche quelli falsi

VENEZIA - Scoperti dalla Guardia di finanza in Veneto oltre 2.300 falsi poveri che usufruivano dell'esenzione dal pagamento del ticket sanitario. Il controllo è stato svolto, per ora, in cinque Ussl sulle 22 esistenti nella regione, con un bacino d'utenza di circa 1.200.000 assistiti residenti in 183 comuni delle province di Venezia, Belluno, Padova, Treviso e Vicenza. ACCERTAMENTI - I finanzieri proseguiranno gli accertamenti per verificare altre 8 mila posizioni di persone fisiche dichiaratesi «disoccupate». Il report di analisi, condotto su 30 mila prestazioni in esenzione per «disoccupazione e reddito» nel biennio 2009-2010, ha evidenziato appunto 2.300 prestazioni elargite nei confronti di cittadini con redditi superiori alla soglia prevista per godere del beneficio e 10 mila prestazioni rese nei confronti di assistiti rivelatisi non disoccupati, nei confronti dei quali le fiamme gialle compiranno ulteriori accertamenti per escludere ulteriori condotte fraudolente.

Una Rai più sobria 650 mila euro al mese al nuovo DG.

MILANO - Il consiglio di amministrazione Rai ha raggiunto l'intesa sul contratto del direttore generale Luigi Gubitosi. Ma dopo oltre sette ore di riunione rinvia a giovedì il dibattito sulle deleghe che il cda conferirà al presidente sulle grosse spese, ovvero i contratti fino a 10 milioni di euro e nomine dei dirigenti di primo e secondo livello dell'area corporate. Perplessità, da alcuni, anche sulla voce compenso per il Dg Gubitosi (650 mila euro l'anno), e sul contratto a tempo indeterminato. LO SCONTRO - La situazione di incertezza, con i consiglieri in quota Pdl decisamente contrari, potrebbe portare il Cda ad una decisione non unanime nella nuova seduta prevista per giovedì. È stata comunque stabilita la delibera che conferisce nuovi poteri ad Anna Maria Tarantola, più gestionali e operativi: restano però irrisolti i nodi che hanno portato al rinvio. Tra i punti controversi i campi di distinzione tra nomine editoriali e non. Nelle prime, di competenza del Consiglio, rientrerebbero reti, testate, generi come la Fiction, nelle altre anche le risorse tv che però l'area di centrodestra avrebbe fatto rientrare tra quelle editoriali. C'è poi la modifica dello statuto, che alcuni ritengono richieda un passaggio parlamentare con la modifica della Gasparri e non solo una delibera del Cda con un passaggio in Vigilanza.

Estate 2012 le spiagge negate.

Una corsa lungo la spiaggia, balzo da triplista sulla battigia, prima onda saltata, leggero cedimento sulla seconda e poi ... splaff , schienata sulla terza. Scena da mare. Volete fare un bagno gratis attraversando la spiaggia attrezzata? È un diritto garantito dalla legge. E vietato dalle norme. Ripetiamo il concetto: un diritto allo stesso tempo tutelato (fin quasi in riva al mare) e negato (lì proprio dove batte l'onda). È come potersi tuffare da un trampolino purché ci si fermi prima di toccare l'acqua. Un cortocircuito legislativo. E in teoria i castelli di sabbia in riva al mare potrebbero essere proibiti così come l'uso di «armi» quali palette e secchielli. È un paradosso che viaggia per migliaia di chilometri lungo il litorale italiano, soprattutto là dove le spiagge sono popolate di stabilimenti balneari. I gestori, per altro, difendono giustamente il diritto dei clienti paganti a non ritrovarsi una barriera umana sul bagnasciuga. Ma è un diritto quando le spiagge libere sono rarissime? Andiamo sul concreto, non si può pensare che per un bagno ci si debba portar dietro il proprio avvocato. La norma «buona» è un comma della legge finanziaria 2007. Impone l'«obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia antistante l'area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione». «Anche»? Che significa? Posso prendere il sole? Mettere giù il telo? Tirar su il castello di sabbia? È un «anche» che resta appeso. A questo punto arrivano le norme «cattive», che valgono erga omnes, quindi anche per chi paga l'ombrellone di un bagno privato. Sono ordinanze comunali o regionali. Coprono gran parte del litorale italiano. Alla base ci sono direttive di sicurezza delle Capitanerie di Porto. Sono quasi in fotocopia. E nel «quasi» c'è la differenza tra le più severe e le più liberali. Tutte proibiscono di occupare con ombrelloni, sdraio e accessori simili «la fascia di battigia» destinata al libero transito, in genere 5 metri. Detto questo, molte località aggiungono esplicitamente i teli all'elenco degli accessori vietati. Altre un «eccetera» che giustifica la più ampia discrezionalità del bagnino che ha funzioni di «polizia balneare» nel suo tratto di arenile e che in teoria dovrebbe usare lo stesso metro per i suoi clienti e per gli estranei. Facciamo un Giro d'Italia. Ad Amalfi (Salerno) teli fuorilegge anche se «provvisori» nella fascia di 3 metri dal bagnasciuga. Stessa cosa a Capalbio e in tutto il grossetano con il corridoio a 5 metri. Al Lido di Venezia fuorilegge teli e «qualsiasi attrezzatura anche se precaria». Teli out a Fiumicino (Roma). Divieti di prassi anche a Viareggio e Forte dei Marmi: guai ad appoggiare l'asciugamano in riva al mare (entro 5 metri) però nelle spiagge libere, seppure regolamentato, «è consentito l'accesso dei cavalli». La Sardegna ha una disciplina regionale standard che non vieta esplicitamente i teli ma nell'«eccetera» della sua norma ci può stare tutto. E Rimini, Riccione, Cattolica? La Riviera Romagnola con le sue sterminate spiagge? Niente da fare: le concessioni dei bagni arrivano fin in prossimità dei 5 metri della fascia di transito poi scatta il divieto per «attrezzature mobili di qualsiasi tipologia» (l'asciugamano sarà «attrezzatura mobile»?). In alcuni comuni della Liguria (per esempio Alassio, Pietra Ligure, Lavagna) vige il più stringente «divieto di sosta». E oltre ai teli dovrebbero sparire «oggetti di qualunque tipo compresi effetti personali e indumenti» (palette e secchielli, per esempio, sono oggetti). Giusto? Sbagliato? Certo il margine di 5 metri restringe ben di più le spiaggette liguri divorate dal mare che non le spiaggione romagnole. E il nostro bagno garantito dalla legge e vietato dalle ordinanze? Immaginiamo di arrivare in prossimità della spiaggia. Attraversiamo uno stabilimento per raggiungere il mare. Devono farci passare, è una legge dello Stato. A quel punto siamo in riva al mare. Via maglietta, bermuda e infradito, telo appoggiato in terra, rincorsa .... «Scusi?». È il bagnino, l'ordinanza vieta di lasciare lì qualsiasi cosa. E noi siamo senza avvocato. Si torna su. Cambio veloce in auto o in hotel e via con gli slip e basta, sul marciapiede verso il mare... «Scusi?». È il vigile; giustamente fa notare che «sa, per il decoro... l'ordinanza... non si può stare in slip fuori dalla spiaggia». E il bagno? Meglio una doccia.

18 luglio 2012

La concessionaria delle meraviglia

MILANO- Il futuro dell'auto senza auto. Una concessionaria dove le vetture si vedono solo su schermi ad alta risoluzione, display touch e videowall. A grandezza naturale. Secondo l'Audi l'autosalone di domani è così, tutto tecnologia ed effetti speciali, pochissimi modelli esposti dal vivo. Almeno nelle zone centrali delle grandi metropoli.
ISPIRATO ALL'APPLE STORE--Il primo punto di vendita di questo genere, battezzato «City», apre oggi a Londra a pochi passi da Picadilly Circus. Ed è una rivoluzione per il settore. Almeno nei centri delle città dove trovare uno showroom di dimensioni tali da contenere un'intera gamma è impresa titanica. Anche sborsando milioni di euro: ne sa qualcosa Volkswagen che da tempo cerca invano una location sugli Champs Elysees a Parigi. Il modello «City» dell'Audi, chiaramente ispirato agli Apple Store, potrebbe essere la risposta giusta a questi problemi: la casa tedesca dopo quello nella capitale britannica ne aprirà altri 20 entro il 2015 in tutto il mondo. «Saranno fondamentali»- si legge in una nota- «per far conoscere i nuovi servizi di mobilità e le auto elettriche». L'AUTO SI SCEGLIE SULLO SCHERMO-Inoltre, «gli Audi City offriranno un' assistenza clienti dedicata e personalizzata per andare incontro alle esigenze di chi vive in centro o in città», spiega Peter Schawazenbauer, capo del marketing della casa tedesca. L'auto si sceglie su una parete di schermi in scala 1:1, fra milioni di configurazioni possibili. C'è bisogno di semplicità, di soluzioni immediate, soprattutto in città dove si va di fretta e il tempo è sempre troppo poco. «I clienti vogliono i stabilire un legame di fiducia con chi vende: perché i prodotti sono sempre di più e le informazioni da ricordare pure e allora è indispensabile un'assistenza impeccabile» conclude Schawazenbauer. Fatta la prima scrematura, l'Audi City passerà le richieste al concessionario più vicino del potenziale cliente, magari per prenotare un test drive. E toccare finalmente con mano volante e cambio. ANCHE MERCEDES CI PROVA- Sullo stesso filone si muove la Mercedes con i «Visionary Store», uno spazio virtuale dove conoscer le vetture della stella. Come? Attraverso tecnologia interattiva e polisensoriale, tablet, Wi-Fi, realtà aumentata, tecnologia Kinect e App di ultima generazione.

Tintarella al solarium off limit per i minorenni.

MILANO - Lampade e lettini solari sempre meno accessibili ai minorenni. Il partito dei contrari è in aumento e sempre più Paesi optano per un giro di vite sulla tintarella artificiale per mettere al riparo i minori dagli (ormai accertati) rischi per la salute. A fotografare il boom di divieti è uno studio Usa, pubblicato online dalla rivista Archives of Dermatology. PAESI - Dal 2003 - anno in cui solo Brasile e Francia avevano una legislazione che andava in questa direzione - al 2011 i Paesi che vietano o limitano l'accesso degli under 18 alle lampade sono saliti a quota 11, senza contare l'Italia: Spagna, Portogallo, Germania, Austria, Belgio, Inghilterra, Galles, Irlanda del Nord e Scozia. Dallo scorso anno, anche se nello studio non se ne tiene conto, le lampade abbronzanti a raggi uva sono vietate in Italia ai minori di 18 anni, alle donne incinte e ai soggetti con particolari patologie o che si scottano facilmente al sole. Il divieto è stato previsto da un decreto interministeriale firmato dall'ex ministro della Salute Fazio. MELANOMA - Mary T. Pawlak della Colorado School of Public Health e un gruppo di ricercatori hanno condotto l'indagine lavorando sul web. «È dal 2003 - spiegano - che l'accesso dei minorenni alle lampade abbronzanti ha cominciato a subire restrizioni sempre più forti in diverse aree del mondo. Una stretta che è andata di pari passo con l'accumularsi di evidenze scientifiche a supporto della tesi che individua un'associazione fra l'abbronzatura indoor e il melanoma. Altri Paesi stanno seguendo questa strada, inasprendo i divieti previsti nella loro attuale legislazione. Si tratta di normative in costante evoluzione e, per quanto riguarda gli Usa, la National Conference of State Legislatures sta provvedendo a un aggiornamento del registro web che raccoglie le disposizioni di ciascuno Stato in materia. Un simile strumento sarebbe da esportare anche oltre confine». RAGGI - «I raggi Uva sono assolutamente pericolosi, perché chi vi si sottopone non ha la sensazione di fare una cosa azzardata. Il problema è anche che non c'è una valutazione del dosaggio - sostiene Fabio Rinaldi, docente alla Sorbona e dermatologo a Milano -. Il rischio che si corre non è legato solo all'invecchiamento della pelle, ma ancor più alla contrazione di tumori anche gravi, tra cui il melanoma. Sarebbe auspicabile poter avere il modo di valutare quanti raggi sono stati assorbiti, per essere ulteriormente controllati. In più c'è un altro aspetto: se la macchina non è particolarmente nuova e il filtro non è costantemente controllato, succede che passano raggi di tutti i tipi e, quindi, il rischio diventa ancora più grave. Detto questo, è auspicabile, dal punto di vista dermatologico, che si riducano al massimo le esposizioni alle lampade».

8 milioni di poveri in Italia lo dice l'istat

Nel 2011 l'11,1% delle famiglie è relativamente povero (per un totale di 8,1 milioni di persone) e il 5,2% lo è in termini assoluti (3.415 mila). La soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è pari a 1.011,03 euro. Lo rileva l'Istat. La sostanziale stabilità della povertà relativa rispetto all'anno precedente deriva dal peggioramento del fenomeno per le famiglie in cui non vi sono redditi da lavoro o vi sono operai, compensato dalla diminuzione della povertà tra le famiglie di dirigenti/impiegati. I SEGNALI - Segnali di peggioramento si osservano, tuttavia, tra le famiglie senza occupati né ritirati dal lavoro, famiglie cioè senza alcun reddito proveniente da attività lavorative presenti o pregresse, per le quali l'incidenza della povertà, pari al 40,2% nel 2010, sale al 50,7% nel 2011. Quasi i tre quarti di queste famiglie risiedono nel Mezzogiorno, dove la relativa incidenza passa dal 44,7% al 60,7%. Un aumento della povertà si osserva anche per le famiglie con tutti i componenti ritirati dal lavoro (dall'8,3% al 9,6%), che, in oltre il 90% per cento dei casi, sono anziani soli e coppie di anziani; un leggero miglioramento, tra le famiglie in cui vi sono esclusivamente redditi da pensione, si osserva solo laddove la pensione percepita riesce ancora a sostenere il peso economico dei componenti che non lavorano, tanto da non indurli a cercare lavoro (dal 17,1% al 13,5%). LA DINAMICA - Una dinamica negativa si osserva anche tra le famiglie con un figlio minore, in particolare coppie con un figlio (a seguito della diminuzione di quelle in cui entrambi i coniugi sono occupati e dell'aumento di quelle con uno solo e con nessun occupato), dove l'incidenza di povertà relativa dall'11,6% sale al 13,5%; la dinamica è particolarmente evidente nel Centro, dove l'incidenza tra le coppie con un figlio passa dal 4,6% al 7,3%.