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26 ottobre 2012
Il miele eccellenza italiana rischia di scomparire
Ci mancava il miele cinese. Industriale, di scarsa qualità, di basso costo. Niente a che vedere con il nostro, ottimo, miele. In verità, meglio sarebbe parlare di mieli, al plurale. L’Italia è l’unico Paese al mondo a vantarne oltre 50, che attingono alle numerose fioriture mediterranee. Ma la produzione (in media, più di 20 mila tonnellate l’anno) è discontinua, soprattutto a causa delle variazioni meteorologiche; e il rischio è che, pur in un periodo favorevole ai consumi (raddoppiati negli ultimi dieci anni, con 400 grammi pro capite), le insidiose importazioni attacchino il mercato. Per inciso, l’Italia importa annualmente circa 107.000 quintali di miele e il maggior fornitore è l’Argentina.
INVASIONE - La paventata invasione degli stranieri, quest’anno, preoccupa ancora di più. Infatti, dopo la felice ripresa (il nostro Paese, tuttavia, nei consumi resta sotto del 35 per cento rispetto alla media europea), il settore sta attraversando un momento difficile: dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, il raccolto risulta drasticamente ridotto. Un crollo del 65 per cento, nel 2012, hanno denunciato apicoltori, esperti e istituzioni, durante gli stati generali del settore, convocati recentemente a Montalcino. La primavera piovosa e l’estate torrida hanno influito negativamente su fiori e piante, impedendo di produrre il nettare necessario alle api. Senza contare le malattie devastanti per due delle principali varietà floreali da miele, cioè il castagno e l’eucalipto, attaccati dai parassiti, che li stanno lentamente distruggendo. Ciononostante, poiché la crisi morde, gli apicoltori nazionali (50 mila con 1.100.000 alveari e 55 miliardi di api) sono intenzionati a tener fermi i prezzi, mentre invitano a consumare miele made in Italy.
VARIETÀ - «Rinunciate alla varietà preferita e scegliete il classico millefiori italiano piuttosto che un qualunque prodotto di indubbia provenienza estera», avverte Hubert Ciacci, presidente della Settimana del miele di Montalcino. Come riconoscerlo? È buona regola controllare l’etichetta apposta sul vasetto del miele, in cui, per legge, è obbligatorio indicarne la provenienza: nome e indirizzo del produttore, il lotto di appartenenza. Talvolta è segnalata l’origine botanica (castagno, acacia, timo, lavanda, biancospino eccetera) del prodotto locale. Un dettaglio: al pari di altre colture legate alla terra, si sta consolidando anche l’apicoltura biologica. Ma quanto può costare il miele al consumatore? Un vasetto di 500 grammi oscilla da un prezzo minimo di 4,50 euro per il più diffuso «millefiori» a un massimo di 13-14 per un miele raro, quale il corbezzolo o il lampone selvatico.
ALVEARI DA GIARDINO - E miele sia. Molto utilizzato nell’industria dolciaria e cosmetica, questo alimento naturale si è imposto con fatica sulle nostre mense. Esaltato per le performance terapeutiche, vere o presunte (disintossicante, calmante, diuretico, antisettico, balsamico, a seconda della tipologia), solo di recente ha fatto breccia come abitudine alimentare. Di più: il suo irresistibile appeal si traduce in nuove mode non solo di consumo, ma anche di produzione. All’Inghilterra, per dirne una, si deve il lancio dell’alveare da giardino/balcone: un contenitore ad hoc, colorato, lungo un metro e alto 50 cm. A detta dei produttori fai-da-te, basta un’ora di manutenzione a settimana per ricavare in un anno 50 barattoli di prodotto. Comunque sia, numerosi apicoltori italiani illuminati, riuniti in associazioni, contribuiscono efficacemente alla conoscenza del miele e quindi all’incremento dell’acquisto ragionato. Con una cinquantina di Comuni associati, che organizzano eventi, fattorie didattiche, aziende aperte, promuovono mieloteche, percorsi informativi sul miele e su altri prodotti dell’apicoltura (il settore ha un giro d’affari di 60 milioni di euro), «Le città del miele» è il network più attivo.
RICADUTE POSITIVE - Le ricadute positive mirano per ampio raggio. In varie regioni italiane, ad esempio, si va affermando il «turismo del miele» (con percorsi guidati), così come è avvenuto per il «turismo del vino». Fatto sta che il cibo degli dei, sinonimo di dolcezza, apprezzato fin dall’antichità, ispiratore di miti e leggende fra molti popoli, intriga già dalla sua origine. A partire dalla vita, ammantata di mistero, della regina e delle operaie, vale a dire le api, minuscoli zuccherifici viventi. E dal nettare (o dai nettari), la cui composizione è vitale per il ciclo produttivo. Poi, quando il miele diventa tale, trasferendosi dall’alveare alla tavola, richiede pochissimi passaggi: l’estrazione per centrifugazione e la purificazione, ottenuta tramite filtrazione e decantazione.
MIELE - Nell’immaginario, il miele è un liquido denso, brillante, di colore ambrato. Ciò ha condizionato a lungo il mercato, fino al rifiuto di prodotti fuori dallo stereotipo. Oggi è noto a tutti che i mieli, liquidi al momento dell’estrazione, quindi si cristallizzano, in un tempo che varia da pochi giorni ad alcuni mesi. Si tratta di evoluzione naturale secondo la quale gli zuccheri in eccesso (soprattutto il glucosio) precipitano in forma di cristalli. Sull’alto valore nutritivo del miele non si discute. Nei secoli passati il miele era l’unico dolcificante largamente utilizzato. Successivamente, è stato spodestato dallo zucchero bianco, pratico ed economico. Resta il fatto che il miele è un alimento naturale, ricco di enzimi e sali minerali, vitamine, zuccheri semplici di immediata assimilazione per il nostro organismo. Alimento e medicina? In effetti, tra leggenda e realtà, affiorano le (blande) proprietà terapeutiche del miele. Ne è convinto l’appassionato Tonino Strumia di Sommariva Bosco (Cn), che sugli scaffali della sua bottega, Il trovarobe di cose buone (diventato, nel tempo, trova-mieli), espone una vasta gamma di autentiche rarità. Vogliamo citare il miele di santoreggia, considerato afrodisiaco? Con un pizzico di malizia, Tonino rivela: «I nostri prodotti sono sempre più ricercati dalle spose. Sta diventando di moda la bomboniera con micro-vasetto di miele di lavanda, corbezzolo, santoreggia (erba del satiro). Quest’ultima, in particolare, accende fantasia e sano erotismo».
MIELE E ARTE - Vincenzo Buccheri, sindaco di Sortino (Siracusa), è il presidente in carica delle Città del miele. Nel suo territorio si produce il pregiato nettare di timo. Un’esclusività del luogo. Racconta: «Sortino sta sui monti Iblei, a 500 metri, tra agrumeti ed erbe aromatiche. Timo soprattutto. Si contano almeno 50 apicoltori, la metà sono nostri associati. Da 32 anni, il primo weekend di ottobre, si svolge la sagra del miele. Prendo spunto da Sortino per allargare il discorso a tutta l’Italia», continua, «il mio obiettivo è insistere sulla conoscenza del prodotto ed esaltarlo, incrementando i concorsi dedicati al miele di qualità. Ma la cosa più importante è l’abbinamento miele/territorio, che può sviluppare una straordinaria forma di turismo culturale». A Tornareccio (Chieti) sono andati oltre, unendo miele e arte. Oggi l’antico borgo è un museo a cielo aperto, con i mosaici che abbelliscono le facciate della abitazioni. Frutto dell’annuale concorso artistico. Il tema è libero. Ma, in omaggio a questa città del miele, numerosi soggetti ne prendono ispirazione. Con risultati stupefacenti.
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