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29 agosto 2012
Il comune di Milano apre al testamento Biologico.
Dalle coppie di fatto al testamento biologico, fino alle discriminazioni di genere e al voto (ai referendum cittadini) per gli stranieri. Palazzo Marino apre l’autunno dei diritti civili. «Perché Milano deve essere sempre di più la città che indica la direzione su questo terreno», dice l’assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino. Che sulla nascita del registro per conservare le volontà di fine vita spera in un passo in avanti anche del consiglio comunale. È dall’aula che dovrebbe nascere la rivoluzione. Anche se Majorino crede che possa essere arrivato il momento: «Noi collochiamo l’obiettivo nel Piano. Poi ovviamente dovrà essere il consiglio a deliberare l’introduzione del registro. Come ha già fatto con coraggio per le unioni civili».
Il settembre caldo dei diritti inizierà tra poco più di due settimane. Quando, negli uffici dell’Anagrafe, l’assessore Daniela Benelli inaugurerà fisicamente il registro dove potranno iscriversi tutti coloro che — eterosessuali e non — vorranno ufficializzare il loro rapporto e la loro convivenza. Ai primi di ottobre, poi, ci sarà un’altra inaugurazione: è lo
sportello che nascerà negli spazi dell’assessorato al Welfare in largo Treves e che dovrà occuparsi delle «discriminazioni legate all’orientamento sessuale, all’identità e appartenenza di genere». Un punto di riferimento, insomma, per quanti potranno denunciare abusi o ricevere informazioni. Un altro atto non solo simbolico.
Ma a scaldare la ripresa dell’attività dell’amministrazione sarà il dibattito sul testamento biologico. Il riferimento politico alla volontà della giunta di aprire il percorso fa parte di un’altra novità: la Carta dei diritti del malato allegata a quel corposo “Piano di zona” con cui Majorino ha tradotto, dopo un lungo confronto con la città, il futuro del welfare ai tempi del centrosinistra. Documenti che ai primi di settembre saranno approvati dalla giunta e che poi diventeranno argomento di discussione in aula. «È importante che il Comune — spiega l’assessore — si faccia garante di una concezione della salute che rimetta al centro i cittadini».
E allora, ecco che vengono sanciti diritti come quello all’informazione, al rispetto dei tempi del paziente, a evitare sofferenze e il dolore non necessario. Fino al punto 13: «Ogni individuo ha il diritto di esprimere le proprie volontà rispetto al rifiuto dell’”accanimento terapeutico” e del prolungamento forzato della “vita” in condizioni di coma irreversibile o di disagio estremo». Una strada che in Comuni come Torino o Modena si è tradotta in un registro. Questo lo strumento che dovrebbe essere il consiglio, successivamente, a istituire con una delibera. «Ma siamo aperti al massimo confronto — dice Majorino — noi vogliamo aprire non chiudere il dibattito». Nel Piano c’è anche un accenno a un altro diritto, quello degli stranieri alla partecipazione. Tradotto: la possibilità — in attesa di una legge nazionale — per gli immigrati che risiedono da almeno un anno a Milano di recarsi alle urne per votare i referendum cittadini. E, ancora una volta, la palla dovrà passare all’aula.
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