Speaker Radiofonico di Pesaro, da qualche anno "Brianzolo di adozione" lo potete ascoltare su: Radio Sabbia (Riccione), Multiradio Tolentino (Mc) e sulla web Radio Stereopesaro.it.Mi potete contattare alla Mail:roberto@bagazzoli.it
28 settembre 2012
Mel Gibson confessa di essere Bipolare.
Ho accettato di tornare a lavorare solo come attore, ovvero davanti alla cinepresa e non dietro, per The Beaver perché a dirigerlo era la mia amica Jodie Foster, una che mi è stata sempre vicina nei momenti più critici e cupi, quando tutta Hollywood mi aveva messo alla berlina. Ma a convincermi a fare il film ed espormi al giudizio del pubblico dopo la mia rovinosa caduta dall’altare, meritatissima, era stato anche il fatto che la compagnia di produzione, la Summit Entertainment, aveva promesso di utilizzare The Beaver per aiutare le organizzazioni che si occupano di disturbi mentali e sensibilizzare l’opinione pubblica al riguardo. Soffro di disturbo bipolare e devo costantemente tenermi sotto controllo medico. Mi vengono scatti di rabbia improvvisi e momenti di orrenda depressione, che sconfinano nella disperazione. Stento a controllare i miei impulsi, in quei momenti. Ma sto lavorando su me stesso, grazie agli aiuti di bravi terapeuti e anche grazie al sostegno degli psicofarmaci. So che ci sono milioni di persone coi miei stessi problemi, ma spesso non ricevono diagnosi accurate o non ricevono le cure adeguate. Credo di avere coscienza dei miei problemi, e questo è già un passo per superarli. La coscienza del sé è fondamentale, certo, anche se a volte non è sufficiente: occorre anche un aiuto esterno, fosse solo dagli amici, o dalla famiglia.
Mel Gibson (Ap)Mel Gibson (Ap)
«HO FATTO SOFFRIRE CHI AMO» - Per me lavorare nel cinema, sia come attore che come regista, è l’antidoto migliore alla nevrosi. Quando sono sul set riesco sempre a tenermi sotto controllo, perché la passione che sento per quello che faccio mi riempie tantissimo. È quando non lavoro che mi ficco nei pasticci, e divento preda del mio disturbo. Per fortuna sempre meno. Ho fatto molti progressi negli ultimi quattro, cinque anni. Di recente ho lavorato con Robert Rodriguez nel suo Machete Kills e devo dire che mi sono davvero divertito. In seguito al mio increscioso arresto per guida in stato di ubriachezza quella notte a Malibu, nel 2006, sono penetrato nella fase più tenebrosa della mia vita. Ma mi sono fatto forza e sono tornato a lavorare. Non c’è solo l’ambizione, c’è pure un senso di responsabilità che non mi ha mai abbandonato. Molte persone dipendono da me e dal mio lavoro, famiglia e impiegati. Da questa responsabilità non mi sono mai sottratto. Celebrità come Oprah Winfrey e Jodie Foster mi hanno difeso e sostenuto, a dispetto di tutto, e per questo voglio loro un bene infinito. In queste situazioni scopri chi ti è veramente amico, e io ho scoperto di avere molti amici. Con le mie intemperanze ho fatto soffrire anche chi amo di più, i miei cari, ma proprio il fatto di avere potuto parlarne a fondo con i miei figli è stata fonte di immenso sollievo. Se oggi riesco di nuovo a guardarmi allo specchio lo devo soprattutto a loro, che hanno saputo perdonare questo padre nevrotico e sbalestrato. Mia figlia maggiore, nel frattempo, è diventata madre, ovvero io sono diventato nonno. E questa nuova, tenerissima dimensione, mi normalizza molto.
Gli Apocalittici
Il mondo è pieno di pazzi. Prendiamone atto, con serenità e pacatezza, possibilmente con disincanto. Un buon repertorio di casi di follia quotidiana - una strana follia mascherata di buon senso, previdenza, lungimiranza - lo offre il programma «Gli apocalittici», la serie di maggior successo mai trasmessa negli Usa da National Geographic Channel. C'è gente, influenzata non solo dalle profezie Maya, che crede che la fine del mondo sia vicina. E cosa fa? Prega? Cerca di frequentare gli ultimi giorni dell'umanità senza consolazioni e senza riguardi? Si pente pubblicamente dell'insensatezza del vivere? No, principalmente accumula cibo (NatGeo, Sky, canale 403, lunedì, ore 22.55. A novembre è prevista una puntata sulla situazione italiana).
Questi apocalittici passano tutto il giorno a costruire rifugi anti-atomici, magari utilizzando dei container, si esercitano alla sopravvivenza in situazioni limite e alla guerriglia sparando nel deserto del Texas, insomma si preparano a sopravvivere alla fine del mondo. Si chiamano «preppers», coloro che si preparano. L'aspetto più impressionate dei «preppers» è che stivano quantità impressionanti di cibo: cibo liofilizzato, cibo surgelato, cibo essiccato, cibo sterilizzato, cibo pastorizzato. Una signora sovrappeso mette via quantità industriali di emmental ricoperto da cera liquida. Vivande che si accumulano come se si dovesse sfamare un esercito; vettovaglie per il day after; vitto e alloggio per il giorno in cui il mondo si capovolgerà per inversione geomagnetica.
Il programma è divertente, a metà fra «The Hunger Games» e «La nube purpurea», fra le strategie di sopravvivenza e la demenza che ci accompagna. Il mondo è pieno di pazzi, siamo in buona compagnia. Intanto, negli Usa, nel suo «The Daily Show» Jon Stewart sta combattendo la sua battaglia contro la «Democalypse», l'apocalisse della democrazia. Questa sì una battaglia che merita di essere sostenuta!
Aldo Grasso Corsera
La nuova avventura Romana...
Sono giorni concitati, lo studio deve essre a posto, l'audio perfetto e i margini di errore ridotti a zero. L'emozione è di quelle che ti tolgono il fiato in prima battuta perchè essere chiamati per un nuovo progetto, che promette bene e professionalmente una bella cosa, farlo con quelli che per 6 anni sono stati i tuoi editori lusinga, Ma l'emozione più forte che stò provando in questi giorni è tornare in onda a Roma dove ho vissuto per 5 anni e su una radio che per Roma è stata la storia della Radio.
L'esordio è vicino con Andrea Stiamo lavorando intensamente perchè tutto sia pronto.
Ci sentiamo sulla frequenza fm 104.0 della capitale, sulla radioche suona "le canzoni delle tua vita" M100.
...
in bocca al lupo a me.
27 settembre 2012
Madrid, contro gli Indignados la polizia picchia un collega infiltrato per sbaglio.
Tra le varie code polemiche del giorno dopo i gravi scontri che martedì hanno infuocato Madrid, ce n'è una piuttosto inquietante, se verificata: secondo i manifestanti, gli indignados che volevano occupare il parlamento, sarebbero state le forze dell'ordine, tramite agenti infiltrati, a far esplodere gli incidenti che sono costati 35 arresti e 64 feriti, di cui 16 ricoverati e uno piuttosto grave.
IL VIDEO - Ed effettivamente un video registrato dal gruppo alacalle e ripreso da diversi media spagnoli sembra confermare questa tesi.
La clip mostra un uomo debitamente incappucciato che viene preso a manganellate dai celerini, fintanto che non grida: «C...o sono un vostro collega». Un altro uomo, anch'egli a viso coperto, si avvicina agli agenti e conferma. Questi smettono e l'infiltrato ( a questo punto si può definire tale) li invita a "darsi una calmata". Legna sul fuoco insomma: per mercoledì sera gli attivisti hanno annunciato una nuova mobilitazione intorno al Parlamento.
Lady Gaga contro l'anoressia
Smagliature in evidenza, curve non proprio filiformi, così come mamma l'ha fatta. O quasi. A una settimana dal suo sbarco in Italia (suonerà in data unica il 2 0ttobre al Forum di Assago) Lady Gaga sceglie di scandalizzare in altro modo, questa volta. Mostrandosi sul suo sito, littlemonsters.com, con gialla lingerie da supermercato, molto diversa dalle costosissime bardature esibite in concerto.
ALLE FAN. E AD ADELE - Il messaggio è pubblicamente rivolto alle fan: «Ragazze siate fiere delle vostre insicurezze» proclama nostra signora Germanotta. Mentre in un'altra didascalia scrive: «Bulimia e anoressia da quando ho quindici anni», confessando quindi di soffrire ancora di tali disturbi. Sottotraccia la stilettata è però anche per la rivale Adele. Che l'ha accusata (insieme a Madonna ed altre popstar) di usare il "proprio corpo per farsi pubblicità», apparendo molto più in forma di quanto non sia, invece di centrare il discorso sulla musica.
Niente fumo allo stadio dall'anno prossimo ?
A partire dalla prossima stagione potrebbe essere vietato fumare negli stadi: l'Osservatorio sulle manifestazioni sportive del Viminale ha approvato nella riunione di oggi un ordine del giorno in cui si introduce il divieto. Il provvedimento non è comunque ancora operativo e dovrà essere discusso con tutte le parti interessate. L'obiettivo dell'Osservatorio è quello di arrivare ad una sperimentazione già all'inizio della prossima stagione. Il divieto, se verrà introdotto, riguarderà tutte le serie professionistiche e sarà valido in tutti gli impianti a norma.
LEGGE - Al momento non c'è nulla di operativo, si affrettano a precisare dal Viminale. Anche perché‚ per introdurre un simile divieto servirebbe una norma di legge senza la quale sarebbe impossibile applicare le eventuali sanzioni previste in caso di violazioni o stabilire a chi attribuire la facoltà di effettuare i controlli negli impianti. Per rendere operativo il provvedimento, ha spiegato il senatore del Pd Ignazio Marino,si potrebbe «inserire un emendamento di questo tipo nell'iter del "decretone" sanitario».
TIFOSI E MANIFESTI -L'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive - l'organismo del ministero dell'Interno cui spetta proporre provvedimenti e misure per migliorare la sicurezza negli stadi - ha contemporaneamente varato una serie di altri ordini del giorno come la tessera del Tifoso obbligatoria per seguire la squadra in trasferta, l'Albo degli striscioni autorizzati, il divieto di introdurre fumogeni.
26 settembre 2012
Aumentano le dermatiti tra i bambini di 7/8 anni colpa del...trucco
MILANO - L'uso di mascara e rossetto è in aumento tra le bambine che in tenerissima età, già dai 7-8 anni, più che pensare ai giochi sono concentrate sul proprio aspetto fisico, tanto da fare un uso consistente di cosmetici, make-up e profumi. Un fenomeno che, aldilà delle riflessioni etiche che impone, viene segnalato dai pediatri per le possibili conseguenze sulla salute delle piccole: l'uso del make-up tra i bambini ha portato a un'impennata delle dermatiti da contatto o allergiche, facendo registrare un +16,7% di tali patologie nella fascia di età 8-12 anni. Secondo il presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) Giuseppe Mele, «oggi i bambini sono considerati sempre più come giocattoli in vetrina, una spettacolarizzazione e un accessorio dei desideri dei genitori».
BAMBINI-OGGETTO - Il rischio è che «i bambini diventino "accessori viventi": così la mamma che desidera abiti firmati e costosi, non potendo acquistarne per sé, li compera per i figli, che diventano una sorta di "proiezione" dei propri desideri». I pediatri segnalano dunque una perdita di identità del bambino, che oggi si comporta sempre più come un piccolo adulto e viene abituato ad apparire più che ad essere. Allo stesso tempo, avvertono i pediatri, «i minori stanno diventando nuovi oggetti del marketing: se prima i messaggi pubblicitari si rivolgevano solo indirettamente ai piccoli, facendo leva sulle madri, ora invece i bambini diventano "mercato diretto". Un fenomeno - sottolinea Mele - da monitorare attentamente».
NESSUNA LEGGE - «Non c'è una legge che preservi il bambino da questi rischi - spiega Mele - e il fenomeno si allarga sempre di più». Sotto accusa anche i tatuaggi temporanei, dannosi per la pelle ma spesso sottovalutati. «È un fenomeno abbastanza diffuso - prosegue Mele -, non dobbiamo credere che sia solo una moda passeggera. Come Federazione, monitoriamo con grande attenzione diversi siti che consigliano al ragazzo come vestirsi, cosa indossare. E si invitano bambine, anche di 9 anni, a truccarsi in un determinato modo».
Neochirurghi a fare esperienza con Emergency
MILANO - Un accordo per completare il proprio percorso di studio in uno dei tanti ospedali di Emergency sparsi nelle aree più povere del mondo, quelle dove quotidianità fa rima con guerra, fame, amputazioni. È un'occasione offerta agli specializzandi chirurghi grazie a un accordo firmato dall'associazione di Gino Strada e dalle scuole di specializzazione in Chirurgia generale delle Facoltà di medicina di Ancona, Bari, Foggia, Roma Tor Vergata e Sassari.
PROTOCOLLO - Un protocollo d'intesa siglato a Roma, all'auditorium Parco della Musica, dallo stesso Gino Strada, in rappresentanza di Emergency, e dai direttori delle cinque scuole e patrocinato dalla Società Italiana di Chirurgia. L'obiettivo è favorire la partecipazione dei giovani chirurghi alle attività dei centri specializzati di Emergency all'estero, coniugando lo sviluppo dell'attività umanitaria con le esigenze professionali e formative dei medici. Con la garanzia di un alto livello professionale, ma anche umano. Emergency è presente con i propri ospedali in Sierra Leone, Afghanistan, Sudan, Repubblica Centrafricana e Italia.
Indignados di nuovo in piazza in Spagna
Tornano in piazza gli Indignados e a Madrid scoppia la tensione. Ai manifestanti che cercavano di raggiungere le Cortes, il Parlamento spagnolo, gli agenti hanno risposto con diverse cariche e sparando proiettili di gomma. È di almeno 28 feriti, tra cui due agenti, il bilancio. Cinque persone sono state trasportate in ospedale, con ferite lievi. Una sarebbe in condizioni più gravi.
LA FOLLA IN PIAZZA - Gli Indignados radunati nei pressi delle Cortes sono diverse migliaia, oltre 10mila per gli organizzatori, seimila per le autorità, e manifestano ininterrottamente dal tardo pomeriggio invocando le «dimissioni del governo». La folla è circondata da un folto spiegamento di forze dell'ordine, oltre 1.300 agenti in assetto antisommossa. I manifestanti chiedono il «salvataggio» della democrazia «sequestrata» dai politici e una nuova Costituzione. Contestate soprattutto le misure di austerity disposte dall'esecutivo Rajoy, che vanno a colpire soprattutto le classi più esposte.
LA MANIFESTAZIONE - La manifestazione era partita con due cortei partiti da Atocha e da Piazza di Spagna, per confluire alla Carrera de San Jeronimo, fino alla sede le Cortes, ospitate nella grossa piazza Neptuno, protetta dalla vigilia da un triplo cordone di agenti in assetto anti-sommossa e a cavallo e vigilata dall'alto dagli elicotteri. La protesta si è svolta senza incidenti nella prima fase. Poi, intorno alle 19, le prime cariche della polizia quando, dalla marea in crescendo, si sono sganciati alcuni drappelli di manifestanti che hanno cominciato a lanciare oggetti e a premere sulle alte recinzioni di ferro, che sbarravano il passaggio alla sede della Camera, riunita in sessione plenaria.
I MOTIVI DEI MANIFESTANTI - I portavoce del movimento hanno ribadito le parole d'ordine della protesta: «Ci hanno tolto tutto, tagliato stipendi, tredicesime, i diritti conquistati in anni di lotte sindacali, mentre i politici mantengono i privilegi». Giovani, disoccupati, attivisti del Movimento 15-M, ecologisti, militanti del movimento degli sfrattati, la cosiddetta piattaforma contro gli sgomberi, e ancora indignati di tutte le età, pensionati, operai, sono loro l'anima della protesta.
25 settembre 2012
Il matrimonio da sogno anche per lui.
3000 invitati, festa nel palazzo da 1.788 stanze, abito tempestato di cristalli: di fronte alle nozze della figlia del sultano del Brunei impallidisce persino Hollywood. Il matrimonio da mille e una notte, che definire sfarzoso è quantomeno riduttivo, ha raggiunto domenica il suo culmine. E a quanto pare, anche il 66enne sultano è felice che la figlia abbia finalmente trovato l’amore.
LA FESTA - Trentadue anni lei, ventinove lui. Due nomi impronunciabili: la principessa Hajah Hafizah Sururul Bolkiah e Pengiran Haji Muhammad Ruzaini si sono presentati alla corte in una sontuosa cerimonia celebrata nell’imponente palazzo del sultano al centro della capitale del minuscolo sultanato musulmano sull'isola del Borneo. Già giovedì scorso la coppia aveva firmato le carte e giurato eterno amore. La ragazza è figlia di Hassanal Bolkiah, uno degli uomini più ricchi del mondo (un patrimonio di circa 20 miliardi di dollari); lo sposo, borghese, è un funzionario nell'ufficio del padre di lei e figlio di un uomo d'affari. E’ stato un weekend di festa: ori; processioni in Rolls Royce; gioielli scintillanti e 17 salve di cannone. Tra gli oltre 3000 ospiti presenti, anche il primo ministro thailandese Yingluck Shinawatra, il presidente filippino Benigno Aquino e il premier della Cambogia Hun Sen.
BENEDIZIONE - La 32enne sposa, con un abito beige e argento ricoperto di una cascata di perline di cristallo, è entrata nella sala del trono accompagnata da 16 guardie con lance e scudi. Era seguita dallo sposo, visibilmente nervoso, con un vestito di broccato beige e oro. Il 66enne sultano ha preso la mano del genero e l’ha portata alla fronte della figlia, un gesto che, nella cultura malese, simboleggia benedizione e affetto. E' la prima volta dal 2007 che si sposa uno dei figli del sultano (cinque maschi e sette femmine avuti da tre diversi matrimoni). Il Brunei, a nord dell’isola del Borneo, è una monarchia assoluta di origine malese che ha ottenuto la piena indipendenza della Gran Bretagna nel 1984. Conta circa 400 mila abitanti. Il Paese, ricchissimo produttore di gas naturale e petrolio, viene governato dallo stesso clan da quasi 600 anni.
Lavori in Emilia bloccati da 4 mesi...vergogna Italia.
MIRANDOLA (Modena) - C'è qualcosa di strano nella passeggiata lungo le viuzze del centro storico di Mirandola. Qualcosa di sinistro. Saranno le macerie e le crepe che si vedono ancora qua e là. Oppure saranno le transenne e i ponteggi piazzati ovunque a ricordare pericoli di crolli... Quando gli occhi planano su quel che resta del duomo tutto diventa più chiaro: è il silenzio, quel qualcosa di strano. Un silenzio irreale che fa risuonare il rumore dei passi nell'aria come fossimo in una stanza vuota. Visto dai piedi della Chiesa sventrata di San Francesco o dai mille portoni rinforzati con travi di legno, il cuore di Mirandola è un'enorme stanza vuota.
Il duomo di Mirandola (Stefano Cavicchi) Il duomo di Mirandola (Stefano Cavicchi)
È uno dei problemi più gravi del dopo terremoto. La ricostruzione dei centri storici sfregiati dalle scosse del 20 e 29 maggio è il capitolo di un libro ancora tutto da scrivere e non c'è nemmeno un segnale che faccia sperare in un'accelerata. «Se andrà bene, ma proprio tanto bene, forse potremo parlare al passato fra cinque anni» azzarda il direttore della Confindustria di Modena Giovanni Messori. Ed è fra i più ottimisti.
«Ricostruzione» per adesso è una parola grossa. Da Cavezzo a Concordia, da Medolla a Finale Emilia, da Camposanto a Cento, la necessità del momento è dare una casa chi vive ancora nelle tende o nelle roulotte prima che arrivi l'inverno. Oppure pagare il promesso contributo per la sistemazione autonoma a chi si è organizzato per conto proprio e ha trovato casa in affitto o si fa ospitare da amici e parenti.
Il fatto è che nessuno ha avuto ancora un solo centesimo. «Io sono viva per miracolo e quindi mi ritengo fortunata» premette Renza Golinelli davanti alla sua casa di Camposanto che è una collezione di crepe. «Sono fortunata anche se alla bell'età di 69 anni, da pensionata, ho cominciato a pagare un affitto di 400 euro più le spese. E ho dovuto pagare anche 300 euro per la recinzione di sicurezza. Nessuno mi ha dato ancora un soldo». Inutile spiegarle che l'ordinanza è stata emessa, che deve pazientare ancora un po'. «Io devo vivere e mangiare adesso» interviene la sua amica Annamaria, pensionata pure lei e alloggiata da amici «dopo venti giorni in una tenda che poteva anche andare, ma se lei avesse visto l'indecenza del bagno...».
Nelle tendopoli il freddo si fa già sentire, soprattutto di notte. Nei dodici Comuni terremotati dell'Emilia ci sono ancora tendopoli aperte per 3.061 sfollati. Altri 88 sono ospiti in un residence e 1.467 vivono in alberghi. Le persone che aspettano il contributo per la sistemazione autonoma programmato dalla Protezione civile sono 39.327.
La tendopoli di Mirandola (Stefano Cavicchi) La tendopoli di Mirandola (Stefano Cavicchi)
«Io sto qui dentro con mio marito, i miei due bambini e due cani» annuncia Anna Persino, bidella precaria, casa con danni gravi e marito con lavoro stagionale. Esce dal campo allestito a Rovereto sulla Secchia (frazione di Novi di Modena) perché l'ingresso è vietato ai giornalisti. «La mia famiglia è in una tenda da sola ma c'è gente che vive e dorme sotto quei tetti di tela con perfetti sconosciuti. Una cosa assurda. Chi ci aiuterà se qui ci hanno tolto perfino la cucina? Dicono che non ci sono soldi e ci portano i piatti già pronti che costano meno. I moduli dove dovremo vivere arriveranno a fine dicembre. E comincia a far freddo».
Il sindaco di Novi, Luisa Turci, capisce che «la gente ha ragione, i soldi non sono arrivati». E spiega che «noi siamo i primi ad essere arrabbiati. Ci sarebbe da chiedersi come mai la Protezione civile non ha dato denaro per finanziare le sistemazioni autonome. Lo sta anticipando la Regione... Capisco che nel comune sentire tutti pensino "se non mi danno nemmeno 500-600 euro come faccio a credere che arriveranno i soldi della ricostruzione?"».
Per quattro mesi la parola d'ordine è stata «arrangiarsi». Per tutti, commercio e aziende in testa. L'Emilia che produce l'uno e mezzo per cento del Pil, il polo biomedicale eccellenza di queste zone, il settore tessile, le imprese meccaniche. Tutti a lavorare come si poteva, sotto tensostrutture o in capannoni in prestito, stringendosi nelle fabbriche dei colleghi o emigrando qualche chilometro più in là per rimettere in piedi la fabbrica. Adesso si fa spazio la rabbia, c'è un problema nuovo ogni giorno e cresce la sensazione di essere indietro su tutto. Troppo indietro.
I negozi, per esempio. Non sono ancora pronti (se non in forma improvvisata) i centri commerciali temporanei da mettere in piedi con i container. Né si è visto un euro nemmeno in questo caso. Le promesse parlano di 15 mila euro di risarcimento per chi dovrà comprare un container e pagare gli oneri di urbanizzazione ma per ora i più se la cavano aprendo bottega in un garage, con una bancarella, magari in una cantina oppure online. «Stiamo lavorando con i soldi delle donazioni private» confessa Cristina Ferraguti, assessore alle Attività produttive di Cavezzo. «E per non farci mancare niente abbiamo anche una questione legale che blocca lo sgombero delle macerie dalla piazza centrale». C'è anche questo, nel dopo terremoto: le lungaggini giudiziarie dove ci sono contenziosi aperti o nei luoghi sequestrati perché teatro di feriti e vittime. E poi, ultimo dei problemi in ordine di tempo, si è scoperto che buona parte dei tetti delle aziende danneggiate o crollate sono di Eternit. Dove, come e con quali finanziamenti smaltire quindi le fibre d'amianto cancerogene?
«Ci arrivano ogni giorno segnalazioni di persone che si sentono umiliate perché sono in difficoltà e nessuno le considera» rivela Clarissa Martinelli di Radio Bruno, la più ascoltata dell'Emilia, diventata radio di servizio nei giorni dell'emergenza. Quattro mesi passati a ricordare che «gli emiliani tengono botta, sempre e comunque» sarà servito. Ma non è bastato e non basta.
Venduti 5 Milioni di Iphone alla faccia delal crisi.
Fornitura iniziale esaurita (come volevasi dimostrare). Apple colpisce ancora e nel primo week end di vendite dell'iPhone5, vende oltre 5 milioni di melafonini. «La domanda per l'iPhone 5 è stata incredibile e stiamo lavorando duramente per far sì che chi vuole un iPhone 5 lo possa avere il prima possibile - ha fatto sapere l'amministratore delegato di Apple, Tim Cook, sottolineando che - la fornitura iniziale è stata esaurita. I negozi continuano a ricevere regolarmente le consegne di iPhone 5 e i clienti possono continuare a ordinarlo online e a ricevere una stima delle consegne. Apprezziamo la pazienza di tutti e stiamo lavorando duro per realizzare abbastanza iPhone 5 per tutti».
AGGIORNAMENTI - Ma le vendite non hanno entusiasmato Wall Street: il risultato infatti sembrerebbe inferiore alle attese. Gli analisti si aspettavano un dato tra 6 e 6,5 milioni di iPhone venduti. Per questo il titolo è sceso al Nasdaq, toccando un -1,14%. Questo weekend è stato anche il fine settimana di iOS6, il nuovo sistema operativo targato Apple. L'azienda ha reso noto che oltre 100 milioni di dispositivi iOS sono stati aggiornati a iOS6.
24 settembre 2012
Chiude per 9 giorni Ciampino e definitivamente ai Low Cost
ROMA - Il trasloco era stato invocato da migliaia di persone. Per anni i residenti della zona avevano chiesto a ministri e governi di spostare i voli dai cieli di Ciampino. Adesso l'aeroporto «G.B. Pastine» chiude davvero, ma soltanto per 9 giorni. Lo stop ai voli - provvisorio - è stato imposto dai lavori di rifacimento della pista, ormai malridotta. Si chiude alle 23.30 di domenica 23. Si riaprirà alle 23.30 del 2 ottobre.
Un decollo Ryanair da Roma-Ciampino (Jpeg)Un decollo Ryanair da Roma-Ciampino (Jpeg)
TUTTI AI TERMINAL 2 E 3 - Tutti gli operativi di tutte le compagnie saranno trasferiti temporaneamente presso lo scalo di Fiumicino. I passeggeri in partenza in questi 9 giorni dovranno recarsi ai Terminal 2 e 3 (al 3 partirannno i voli WizzAir) dello scalo «Leonardo da Vinci» per effettuare le operazioni di accettazione e di imbarco. La società Aeroporti di Roma consiglia, a tutti i passeggeri in partenza e in arrivo a Roma Ciampino nelle date di chiusura per lavori, di «verificare eventuali cambiamenti di orario consultando i siti internet delle compagnie aeree operanti a Ciampino».
Passeggeri Ryanair sbarcano a CiampinoPasseggeri Ryanair sbarcano a Ciampino
«OCCASIONE DECISIVA» - Secondo i Comitati anti-rumore di Ciampino questa è «un'occasione decisiva» per realizzare «l'auspicato e definitivo spostamento dei voli low cost da Ciampino a Fiumicino. In poche parole, cacciare Ryanair dall’aeroporto Pastine. Il fronte per la chiusura dello scalo alle low cost - di cui fanno parte i comuni di Ciampino e Marino insieme al X Municipio di Roma Capitale - si appella perciò al ministro per lo Sviluppo Economico, Corrado Passera.
Due aerei di compagnie low cost a Ciampino (foto da 06blog.it)Due aerei di compagnie low cost a Ciampino (foto da 06blog.it)
STRACCIARE IL PIANO DI SVILUPPO - «I vettori a basso costo possono restare per sempre a Fiumicino (come èperaltro ha già deciso un'altra compagnia, la EasyJet ndr.) e il ministro può stracciare anche il piano di sviluppo di Adr ed Enac». Il maxi-programma promosso dalla società di gestione degli aeroporti capitolini (Adr) e dall’Ente nazionale aviazione civile, prevedrebbe la trasformazione entro il 2021 dello scalo di Ciampino in City Airport, con un notevole aumento dei voli: in barba, secondo i contestatori, alla «zonizzazione acustica dei territori limitrofi all’aeroporto», scaturita dalla Conferenza dei Servizi del luglio 2010 e ratificata al Ministero dei Trasporti dalla Giunta Regionale del Lazio a ottobre 2010.
SINDACI CONTRO - «Il Governo emani un’ordinanza per il trasferimento definitivo dei voli low cost dall’aeroporto Giovan Battista Pastine a quello di Fiumicino, vista la possibilità dello stesso di poter ricevere l’attuale volato dello scalo di Ciampino, come nella chiara disponibilità manifestata dal 24 settembre al 2 ottobre prossimi, in occasione della manutenzione della pista ciampinese», sottolinea il sindaco di Marino Adriano Palozzi
Passeggeri in coda ai gate di Ciampino Passeggeri in coda ai gate di Ciampino
«NON PIU' DI 61 VOLI AL GIORNO» - I comitati anti-rumore auspicano che il traffico di Ciampino sia ridotto al più presto a soli «61 voli al giorno, che significherebbe ottemperare a quanto previsto da Arpa Lazio con appropriato studio C.r.i.s.t.a.l. (Centro Regionale Infrastrutture Sistemi Trasporto Aereo, ndr)». Il coro di no al ritorno dei voli low costil 2 ottobre vede in testa il sindaco di Ciampino Simone Lupi e varie associazioni cittadine e ambientaliste, in campo da anni per la riduzione dei voli e dell’inquinamento acustico dell’area urbana alla periferia di Roma.
APPELLO A PASSERA - «Le direttive della Conferenza dei Servizi del 2010 – sottolineano i due sindaci, Lupi e Palozzi– approvavano l’impronta e la zonizzazione acustica dell’aeroporto e indicavano entro 18 mesi la riduzione dell’inquinamento acustico tramite l’intervento alla fonte dello stesso. Direttive a tutt’oggi disattese da parte di Aeroporti di Roma».
La battaglia contro il rumore è iniziata nel 2001 con l’ampliamento dello scalo di Ciampino, fino ad allora utilizzato soprattutto per i voli militari, che aprì invece le porte alle compagnie low cost, incrementando così il numero di rotte in partenza e in arrivo con numeri da capogiro: +26% tra il 2002 e il 2003; più 32% tra 2004 e 2005.
Pisapia e le adozioni gay...bello spot pubblicitario.
MILANO - «Sono d'accordo con la possibilità di far adottare dei figli anche alle coppie omosessuali». Lo ha detto il sindaco di Milano Giuliano Pisapia durante l'incontro dell'Idv a Vasto. «Meglio avere dei genitori, anche se omosessuali, piuttosto che non averne affatto». Pochi giorni fa l'attore Rupert Everett, dichiaratamente gay, aveva dato un parere esattamente opposto, scatenando la polemica: «Non riesco a pensare niente di peggio che essere cresciuto da due papà», aveva detto. A Milano, invece, la giunta di centrosinistra guidata da Pisapia - della quale per altro fanno parte anche diversi cattolici, come il vicesindaco Maria grazia Guida - ha dato il via libera al registro delle unioni civili, suscitando un ampio dibattito nel Paese. Sabato l'arcivescovo Scola aveva richiamato i politici cattolici a non transigere su temi come la famiglia e l'importanza del matrimonio tra uomo e donna.
«BASTA STILE PRODI» - Il sindaco di Milano, davanti alla platea di primi cittadini, ha poi affrontato altri temi di politica nazionale. «Altri governi Prodi non ne vogliamo più, non perché Prodi non fosse valido ma perché un giorno votava in modo e il giorno dopo era in piazza», ha detto. «La coalizione che dobbiamo costruire deve essere la più vasta possibile, con steccati ben precisi al centro e alla destra, con un segnale di antagonismo e di svolta rispetto al governo Berlusconi e Monti, in grado però di governare, perché non ne posso più di partiti di governo e di lotta».
SCELTE ANTIPOPOLARI - Serve una coalizione, ha detto ancora Pisapia, in grado «di fare scelte difficili e antipopolari, sapendo che lo si fa per un bene pubblico. Da Vasto deve partire un messaggio in questa direzione ad alcune forze politiche. La possibilità di alleanza deriva anche dalla volontà e dalla funzione di responsabilità di governo», ha concluso.
Esplosione Atomica ? beviamoci una birra
La prima cosa da fare dopo un’esplosione nucleare? Certo, ringraziare il cielo per essere scampati alla morte. E poi? Fare un brindisi con una birra, premesso che sia rimasto qualcuno con cui brindare. Fin dagli anni ’50 gli Stati Uniti hanno testato i possibili effetti di una pioggia radioattiva, non solo su persone o edifici, ma anche su cibi e bevande. Ebbene, in caso di un ipotetico attacco nucleare la birra si potrebbe ancora consumare.
TEST - Cosa accade a cibi e bevande in caso di attacco atomico? Delle risposte pratiche hanno cercato di darle le sperimentazioni nucleari effettuate quasi sessant’anni fa dalla statunitense Atomic Energy Commission. Come ha scovato ora il blog nuclearsecrecy, tra febbraio e maggio del 1955 nel Test Site del Nevada, una zona di esclusione in mezzo al deserto, sono stati condotti diversi esperimenti nucleari nell'ambito della cosidetta «Operation Teapot». Anche sulle bevande. Il risultato: «Le bibite analcoliche in commercio e la birra in bottiglia o in lattina sono scampate alla potente onda d’urto persino ad una distanza di soli 390 metri dal centro dell'esplosione».
SAPORE - Lo studio militare che ha voluto analizzare gli «effetti delle esplosioni nucleari sulle bevande confezionate in commercio», ha dimostrato che alcune bottiglie si ruppero (per essere cadute a terra o a causa dei detriti lanciati in aria dall’esplosione). Ciononostante, i risultati rivelarono che il loro contenuto era sicuro per l’uomo. Non solo fu valutata la radioattività delle bevande («sotto il livello d'allarme»), ma pure le variazioni organolettiche. La domanda: erano ancora buone da bere? Sì. I test sul gusto rivelarono infatti che birre e soft drink erano di qualità accettabile. Unico neo: i militari e i civili che testarono la birra notarono solo una leggera variazione di sapore.
21 settembre 2012
Gli Uomini piangono ? Raramente
MILANO – Penombra del cinema o della sala teatrale, interno notte: una coppia assiste all’ultima commedia romantica. Con una sottile differenza: lei asciuga qualche lacrima con un fazzolettino, lui quasi sbadiglia, concentrato su altro, magari su alcuni particolari della scena. No, non è questione di livelli di sensibilità differenti, come spesso si è giustificata l’assenza di pianto da parte degli uomini davanti a scene commuoventi di film o spettacoli. È invece una questione di empatia: alle donne ne basterebbe davvero poca per far scattare la condivisione e l’immedesimarsi nell’altro, mentre l’uomo avrebbe bisogno di più elementi e di un vissuto personale comune prima di sciogliersi e abbandonarsi al pianto.
IL TEST – Pubblicata sul magazine Empirical Studies of the Arts, la ricerca è stata condotta da due studiose psicologhe americane, Thalia Goldstein ed Ellen Winner, rispettivamente di Yale e Harvard, che hanno sottoposto un campione di uomini e donne alla visione di alcune famose pièce teatrali. In particolare, chi si è sottoposto al test avrebbe guardato il capolavoro di Bernstein West Side Story, il musical che dagli anni Sessanta racconta la tragedia di Romeo e Giulietta nei teatri di tutto il mondo, ma anche il più recente I monologhi della vagina di Eve Ensler, dove si trattano temi forti come violenza, sessualità repressa, incesto. Il campione (173 donne e 86 uomini) a fine spettacolo ha poi compilato un questionario che indagava sui loro sentimenti e sulle emozioni e reazioni scaturite dalla visione, collegati direttamente a cinque scene viste di particolare tensione.
I RISULTATI – Le ricercatrici hanno classificato l’empatia in tre categorie: la prima, cognitiva, che porta a capire le emozioni del prossimo (in questo caso del personaggio); la seconda, empatia emozionale, è quella che porta a sentire anche le emozioni dell’altro; la terza, chiamata disagio personale, è quella in cui rientra chi davanti a un disagio altrui ha una reazione negativa e si sente emotivamente e profondamente colpito da ciò che vede. Per le donne intervistate, a far scattare le lacrime bastava già la prima condizione, ovvero il solo vedere e capire l’emozione di tristezza, rabbia o sconforto del personaggio. Sapere del dolore altrui bastava già per piangere. Per gli uomini invece, questo non era abbastanza: bisognava arrivare al terzo livello di disagio personale per vedere le prime lacrime, disagio collegato anche al riconoscere nella scena vista un proprio dolore interiore.
Nuove mappe Apple ...ci si perde.
Sbagliare è umano. Anche per Apple. Gli adepti della mela morsicata in questi giorni sono tutti indaffarati ad aggiornare il sistema operativo dei propri marchingegni. Passaggio a IOS6, con tanto di Siri italiano (l'assistente personale che parla italiano), Facetime attivo senza wi-fi e mappe con navigatore integrato. Ma qui sta l'errore. Le nuovissime mappe Apple, introdotte con l'aggiornamento, stanno scatenando le ironie della rete: le imperfezioni, tanto per usare un eufemismo, si sprecano. A Londra la stazione di Paddington - quella da dove partono i collegamenti con l'aeroporto di Heathrow - non esiste. O meglio, se si digita Paddington Station nella casella «Cerca», compare sulla mappa Paddington Street, ovvero una strada in realtà abbastanza distante dalla trafficata stazione. Peggio è andata agli abitanti di Stratford-upon-Avon e Solihull: le due cittadine sono state completamente cancellate dalla faccia della Terra.
A Dublino è invece comparso un aeroporto inesistente tanto che il ministro della Giustizia irlandese Alan Shatter, eletto nel collegio elettorale in cui l'immaginaria infrastruttura è stata collocata, è stato costretto a contattare Apple per notificare l'errore. «So che può capitare ma sono alquanto sorpreso - ha detto - di scoprire che Airfield, che è nel centro della mia circoscrizione a Dundrum, è raffigurato in IOS6 con il simbolo di un aereo». In realtà, da quelle parti, c'è una fattoria, tanto verde e alcuni bar. Non solo. Apple ha spostato anche lo zoo di Dublino nel bel mezzo del Temple Bar, il quartiere ritrovo dei giovani irlandesi e dei turisti provenienti da tutto il mondo. TomTom, la compagnia che ha fornito alla Apple il database per creare il suo sistema di navigazione, ha cercato di difendere il suo operato. «Con 65 milioni di navigatori portatili venduti nel mondo e più di 1,4 milioni di TomTom app per l'iPhone scaricate negli ultimi due anni, siamo fiduciosi della qualità delle nostre mappe» ha detto un portavoce dell'azienda alla Bbc. Nel frattempo le ironie sulla rete continuano.
Quando l'ufficio entra in Valigia.
MILANO - C'è una rivoluzione silenziosa nel mondo del lavoro. Stanno sparendo gli uffici. Niente più scrivania, pc smaterializzato insieme con il telefono fisso e la foto dei bambini. Le imprese più avanzate consegnano ai dipendenti una valigetta dove ci sono cellulare e pc. Poi ciascuno lavora dove e quanto vuole. Chi ci tiene può andare anche in azienda. Poi, però, si mette dove capita. Nessuno ha un posto fisso per sé, nemmeno i dirigenti. Le scrivanie ci sono, ma hanno le ruote, si spostano a seconda delle esigenze di giornata.
Non è fantalavoro. Si sta già facendo. Nella sede milanese della Siemens, per esempio. Novecento dipendenti. Qui l'ufficio nomade si è subito dimostrato meritocratico: contano solo gli obiettivi raggiunti. Certo, nella stragrande maggioranza dei casi in Italia le cose restano congelate all'epoca del ragionier Fantozzi. Gli impiegati continuano ad avere uffici con scrivanie scolpite nella pietra. Chi sceglie orari flessibili viene penalizzato. Per non parlare di chi lavora part time.
L'Italia del lavoro a due facce è ben raccontata da uno studio condotto dall'osservatorio sul Diversity management della Sda Bocconi di Milano. Le coordinatrici del gruppo di lavoro, Simona Cuomo e Adele Mapelli, hanno sintetizzato i risultati nel libro «La flessibilità paga. Perché misurare i risultati e non il tempo» (Egea). Nel complesso sono stati considerati, nel periodo 2007-2010, 52 mila lavoratori distribuiti su due grandi aziende. L'unica forma di flessibilità prevista era il part-time, utilizzato dal 13,2% del personale, in larga parte donne. Rispetto ai colleghi a tempo pieno, quelli a orario parziale sono risultati penalizzati. La loro valutazione di fine anno è sempre stata più bassa: solo il 10,5% dei part time ha ricevuto i punteggi più alti in assoluto contro il 21,5% dei full time. La disparità di trattamento è ancora più evidente in termini di passaggi di livello contrattuale: l'88,3% dei lavoratori part-time non ne ha registrato nessuno, contro il 72,7% dei full-time. I fortunati che hanno fatto due o più salti di livello sono il 5,7% dei full-time e lo 0,8% dei part-time. Infine, anche gli incrementi salariali non legati ai passaggi di livello sono stati attribuiti di preferenza ai lavoratori a tempo pieno.
Secondo Cuomo e Mapelli la diversità di trattamento non è giustificata. Anzi, chi lavora meno ore di solito è più produttivo. «L'Italia ha un numero di ore lavorate l'anno superiore alla media europea, ma la nostra produttività è inferiore, dunque l'abbassamento delle ore lavorate non incide negativamente sulla produttività, ma anzi sono proprio i lavoratori che operano per meno ore l'anno a essere più produttivi», chiarisce Adele Mapelli. Che cosa non funziona, allora? «Un approccio conformista e primitivo rispetto alle forme di flessibilità - risponde Simona Cuomo -. Chi sceglie il part time viene rinchiuso in un ghetto. Senza tenere conto che avere il massimo da tutti i propri dipendenti è vantaggioso prima di tutto per l'azienda stessa».
Come se la cavano le imprese che stanno sperimentando nuovi modelli organizzativi? «È vero, da noi nessuno ha più un suo ufficio, nemmeno i dirigenti - conferma Liliana Gorla, direttore del personale Siemens -. Ci si alterna sulle scrivanie e i posti fisici di lavoro sono il 20% in meno rispetto al personale perché mediamente un dipendente su cinque lavora da casa. Sia chiaro, non l'abbiamo fatto solo per le donne. Crediamo semplicemente che sia un cambiamento vantaggioso per tutti. Per l'azienda, che ha persone più produttive e motivate. E per i lavoratori che organizzano meglio le loro giornate. Anche le sedi di Roma, Padova e Bologna stanno andando in questa direzione». Risultati? «Abbiamo iniziato da poco, ma la produttività del lavoro sta già aumentando».
Del resto per lavorare poco e male non c'è bisogno di essere a casa propria. Si può fare benissimo anche dall'ufficio.
20 settembre 2012
Groupon in calo ci prova con gli smartphone
Si muove ancora il mercato dei pagamenti «mobile». Groupon, il sito internet che propone super sconti sul web, si è lanciato nei sistemi di acquisto e ha presentato un'applicazione che permetterà l'uso delle carte di credito da smartphone. Si chiama GrouponPayments: ogni negozio che offrirà un coupon targato Groupon, potrà usufruire di questo servizio che consentirà di accettare carte di credito usando un iPhone o un Ipod Touch. L'app, secondo le primissime informazioni, sarà rivolta solo agli esercenti americani e consentirà di eseguire anche la scansione dei coupon. Non solo: la novità principale sarebbe nelle commissioni del servizio che ambiscono ad essere le più basse rispetto ai concorrenti. Groupon addebiterà l'1,8% per i pagamenti effettuati con Mastercard, Visa e Discover, 3% invece per American Express. Ci sarà anche una tassa di 15 centesimi per ogni acquisto effettuato.
LA SFIDA - L'iniziativa è stata vista come una sfida a Square, la start-up specializzata nei pagamenti da cellulare creata dal cofondatore di Twitter Jack Dorsey, che ha da poco sottoscritto un patto di ferro con Starbucks per diffondere questo sistema in sette mila caffetterie americane.
DOLLARI - Le soluzioni di acquisto da cellulare del resto, sono in piena espansione. Ci stanno investendo fior fior di quattrini giganti del web come Google, eBay e ora anche Groupon che è approdata a Wall Street lo scorso novembre. La notizia è stata accolta in Borsa con molto entusiasmo tanto che il titolo è salito anche più dell'11%. Una boccata d'ossigeno per la società fondata dall' ex musicista di Chicago Andrew Mason, che dalla sua quotazione ha ormai bruciato tre quarti della sua capitalizzazione di mercato. L'operazione potrebbe essere un timido tentativo di rilancio dopo la disastrosa Ipo che ha fatto scappare azionisti del calibro di Marc Andreessen di Andreessen Horowitz. Il veterano della Silicon Valley ha venduto tutti i 5,1 milioni di titoli in suo possesso in Groupon. La società ha tentato di giustificare il flop a Wall Street chiamando in causa la crisi che ha contratto gli acquisti, ma c'è chi scommette che il problema reale è il modello di business che rischia di invecchiare con la stessa rapidità con cui è fiorito.
Porche chiede fabbrica alla wolksvagen
MILANO- Troppe le richieste da soddisfare nel mondo, la Porsche «dirotta» la produzione della spider Boxster in uno stabilimento della Volkswagen. Sembra paradossale in un mercato dell'auto sempre più asfittico, ma è così. Almeno per i marchi di lusso che sfruttano il boom di Cina e Russia e la ripresa negli Usa.
VENDITE RECORD A STOCCARDA-Con una nota da Stoccarda fanno sapere che «la fabbrica di Zuffenhausen non ha abbastanza capacità per rispondere agli ordini». In quel sito sono assemblate su un'unica linea 911 e Boxster, entrambe rinnovate di recente. «Un passo necessario», spiegano ancora i tedeschi che nei primi otto mesi dell'anno hanno aumentato le vendite del 15% consegnando 92,474 grazie al successo dei nuovi modelli. In realtà la scelta di produrre anche a Osnabrück, in Bassa Sassonia, segue un logica ben precisa: l'integrazione del marchio Porsche all'interno del gruppo Volkswagen, dopo che quest'ultimo ne ha acquisito il controllo. «E' un segnale dei rapporti sempre più stretti» dice Martin Winterkorn presidente del consiglio d'amministrazione della Volkswagen. In poche parole vuol dire risparmi, che derivano dalla condivisione di tecnologie e perché no anche di impianti. «Osnabrück è un centro di eccellenza per le cabrio (qui nasce anche al Vw Golf scoperta ndr)», afferma il numero uno di Porsche Matthias Müller prevedendo anni di ulteriore crescita, in vista del traguardo delle 200 mila unità l'anno da raggiungere entro il 2018. «Nei prossimi anni la fabbrica di Stoccarda sarà completamente impegnata nella produzione della 911».
UNA COLLABORAZIONE STORICA- Un legame antico quello fra Porsche e Volkswagen che risale all'era di Ferdinand Porsche, il «papà» del Maggiolino. Al di là delle numerose faide familiari, i due costruttori hanno già lavorato insieme, sempre a Osnabrück: negli anni 60 il sito Volkswagen sfornava le carrozzerie della 356. Poi, dal 1969 al 1975 fu il turno della 914, controversa spider che venne realizzata sia con il marchio Porsche sia con quello Volkswagen (in una versione meno costosa e più spartana). Negli anni 90, infine, sempre a Osnabrück uscivano gli «scheletri» della 968. E ora la storia ricomincia.
Un giovane su tre è ancora a casa con i genitori
Un terzo degli italiani abita in casa con mamma e papà. È quanto emerge dal rapporto Coldirett/Censis «Crisi: vivere insieme, vivere meglio» che evidenzia come la crisi abbia attivato una sorta di rete di protezione familiare. Il 31% degli italiani abita con la madre e il 42,3% ha la madre che abita ad un massimo di 30 minuti dalla sua abitazione.
LA SITUAZIONE - Situazione simile per i padri: oltre il 30% degli italiani vive con papà, mentre oltre il 40% vive ad un massimo di trenta minuti a piedi dalla sua abitazione. Inoltre oltre la metà degli italiani (54%) ha i propri parenti stretti residenti in prossimità, ad un massimo di mezz'ora a piedi della propria abitazione. I dati mostrano che le famiglie italiane, anche quando non coabitano, tendono a vivere a distanza ravvicinata dalle rispettive abitazioni. Questo bisogno di vicinanza riguarda non solo i più giovani tra i 18 e i 29 anni (coabita con la madre il 60,7% e il 26,4% abita a meno di 30 minuti), ma anche le persone di età compresa tra i 30 e i 45 anni (il 25,3% coabita, il 42,5% abita nei pressi), e addirittura gli adulti con età compresa tra i 45 e i 64 anni (l'11,8% coabita, il 58,5% abita in prossimità).
«IL PRANZO DA CASA» - La crisi spinge 7,7 milioni di italiani a portarsi al lavoro per la pausa pranzo cibo preparato in casa, di questi sono oltre 3,7 milioni quelli che dichiarano di farlo regolarmente. Ben il 15% degli italiani si porta la schiscetta in ufficio per risparmiare, ma anche per essere sicuro della qualità del pranzo o semplicemente perché si preferiscono sapori e profumi casalinghi durante la pausa dal lavoro. Un'esigenza riconosciuta da molti datori di lavoro che hanno reso disponibili spazi dedicati per riscaldare il pasto e condividerlo insieme ai colleghi.
19 settembre 2012
Operazione trasparenza dei bilanci al governo con società di certificazione scatta il muro dei NO.
Più trasparenza nei bilanci dei gruppi parlamentari della Camera che però avranno un controllo interno a Montecitorio e non passeranno al vaglio di una società di certificazione esterna, come aveva proposto il presidente Gianfranco Fini. Lo prevede il nuovo Regolamento che la Giunta esaminerà mercoledì, secondo quanto anticipa l'Ansa, che ha avuto modo di visionare la normativa.
NIENTE CONTROLLO ESTERNO - L'Ufficio di presidenza della Camera già in primavera aveva deciso di modificare il Regolamento di Montecitorio per garantire una maggiore trasparenza nell'uso dei fondi da parte dei gruppi parlamentari. La Giunta per il regolamento si è quindi riunita il 31 luglio per esaminare una proposta dei Questori che ha ricevuto un via libera di massima dalla Giunta stessa. Il presidente della Camera Fini aveva chiesto di inserire in questa bozza di Regolamento la previsione che i bilanci dei gruppi fossero controllati da una società di certificazione esterna alla Camera. La bozza, con questa integrazione, è stata esaminata dalla Giunta mercoledì scorso, ma l'orientamento dei gruppi è stato quello di eliminare il controllo esterno, in base al principio dell'autogiurisdizione degli organi costituzionali.
«NOMINE ENTRO 30 GIORNI» - La Giunta ha quindi incaricato Antonio Leone (Pdl) e Gianclaudio Bressa (Pd) di redigere una nuova bozza, che è stata presentata negli uffici della Camera e che sarà votata mercoledì. Il testo prevede che «entro trenta giorni dalla propria costituzione, ciascun Gruppo approva uno statuto», il quale «indica l'organo competente ad approvare il rendiconto e l'organo responsabile per la gestione amministrativa e contabile del Gruppo». Inoltre viene esplicitato che i «contributi» della Camera «sono destinati dai Gruppi esclusivamente agli scopi istituzionali riferiti all'attività parlamentare e alle funzioni di studio, editoria e comunicazione ad essa ricollegabili, nonché al fine di garantire il funzionamento degli organi e delle strutture dei Gruppi».
«FINALITA' PARLAMENTARI» - Si esplicita qualcosa che già avviene e cioè che i Fondi non possono essere usati a scopi privati o estranei alle finalità parlamentari. E qui scatta il controllo sull'effettivo uso dei soldi per le sole finalità istituzionali. Esso sarà effettuato dal collegio dei Questori, cioè i tre deputati di maggioranza e opposizione che sono a capo dell'Amministrazione di Montecitorio. La proposta di Fini affermava invece che «allo scopo di garantire la trasparenza e la correttezza nella gestione contabile e finanziaria, ciascun Gruppo si avvale di una società di revisione legale, che verifica nel corso dell'esercizio la regolare tenuta della contabilità e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili».
I DISTINGUO DI PD E UDC - Uscita l'anticipazione subito però emergono i distinguo tra i partiti: il Pd rende noto per bocca del suo capogruppo Dario Franceschini che «farà comunque certificare» i bilanci dei propri gruppi parlamentari da una società di revisione esterna. Ricordando come siano stati proprio i democratici a sollevare la questione in una lettera, inviata a Gianfranco Fini il 6 aprile scorso. Allora chiedevamo,ha rilevato,«di avviare con la massima sollecitudine un'iniziativa che porti all'introduzione di nuove regole certe riguardanti i bilanci dei gruppi parlamentari». E anche l'Udc ricorrerà a consulenti esterni, indipendentemente da quello che deciderà la Giunta per il Regolamento di Montecitorio,. Lo ha annunciato in Aula alla Camera il leader del partito, Pier Ferdinando Casini, spiegando che la scelta è stata presa «per tagliare l'erba a qualsiasi possibile polemica futura».
IDV: «ORIENTAMENTO GRAVISSIMO»- L'orientamento assunto dalla giunta per il regolamento, «è gravissimo» per Massimo Donadi dell'Idv, secondo il quale è il segno che la «politica ha paura della trasparenza. Ma l'Italia dei valori canta fuori dal coro e per questo pagherà di tasca propria una società di revisione che controlli i bilanci».
Nuova meditazione antistress
FIRENZE - La medicina ufficiale l'ha ormai sdoganata: la pratica della mindfulness, traduzione moderna del termine «consapevolezza» del pensiero buddhista, funziona per combattere lo stress. E si moltiplicano i gruppi in tutto il mondo, Italia compresa, che la propongono come medicina per guarire le ferite e le sofferenze che le persone si portano dentro, ferite e sofferenze che oggi si chiamano stress e che non sono legate soltanto a malattie, ma anche al vivere quotidiano, ai disagi dell'ambiente di lavoro, alle pressioni sociali, alla crisi attuale. La pratica della mindfulness non è un qualcosa di esoterico, ma è una forma di meditazione che è stata valutata in una serie di ricerche scientifiche, censite dal sito PubMed (l'archivio universale degli studi in campo biomedico), a partire dal 1982. Il primo lavoro porta la firma di Jon Kabat-Zinn dell'University of Massachusets Medical School di Worcester e si riferisce al trattamento del dolore: a tutt'oggi si contano oltre 700 pubblicazioni sull'argomento. L'ultima, sul giornale Brain, Behavior & Immunity, ancora a firma di Kabat-Zinn, è dell'agosto scorso e dimostra come la meditazione sia un vero è proprio farmaco contro la solitudine degli anziani.
CONSAPEVOLEZZA - Spiegare che cos'è (e che cosa non è) la mindfulness non è semplice. Lo ha fatto a Firenze, nel corso di un seminario teorico-pratico, Saki Santorelli, uno dei padri occidentali di questa disciplina insieme a Kabat-Zinn, e direttore del Center for Mindfulness all'University of Massachussets Medical School («Abbiamo cominciato in un sottoscala - dice - adesso abbiamo un vero e proprio reparto dove assistiamo decine di pazienti con la MBSR, Mindfulness Based Stress Reduction, una pratica oggi riconosciuta da 42 Stati americani»). «La mindfulness - spiega Santorelli - è la consapevolezza che nasce dal prestare attenzione al momento presente, intenzionalmente e senza giudicare. Consapevolezza non è sinonimo di rilassamento e non è nemmeno una filosofia: è un modo di essere che implica lo stare costantemente in relazione con se stessi e con il mondo e l'accettare quello che c'è, sia che si tratti di disagio, di sofferenza, di passione o di piacere». In altre parole: viviamo pensando sempre al passato o al futuro, mentre dovremmo radicarci nel presente, nel «qui e ora», imparando ad accettare noi stessi e a vivere più profondamente le nostre esperienze che sono fatte di sensazioni, di emozioni, di pensieri, di relazioni. L'obiettivo di tutto questo? Ridurre la sofferenza interiore e lo stress.
LE TECNICHE - Come ci si arriva? Il programma MBSR messo a punto all'University of Massachussets Medical School prevede una serie di lezioni pratiche di meditazione (dalle due ore e mezza alle 3 ore e mezza, una volta alla settimana, per otto settimane), più i compiti a casa (esercizi da praticare sei giorni su sette per almeno 45 minuti al giorno), più un giorno di ritiro alla sesta settimana del programma. Al centro americano si rivolgono non soltanto persone con problemi psichiatrici o psicologici, come ansia, attacchi di panico, depressione, ma anche pazienti con dolore cronico, asma, mal di testa, diabete, infezioni da Hiv. «Tutto quello che si impara durante i corsi - dice ancora Santorelli - deve poi diventare un modo di essere nella vita di tutti i giorni. Ci vuole continuità nella consapevolezza». Sono diverse le strade che conducono alla mindfulness e che si apprendono con la pratica. Una è quella del corpo, l'altra è quella delle sensazioni, la terza è quella delle emozioni: eccole in estrema sintesi. La pratica del body scan, per esempio, che viene insegnata durante le lezioni, permette di prestare attenzione al corpo. Ecco allora che mi concentro sul respiro, poi sulle mani, poi sui piedi che appoggiano a terra... E posso anche ascoltare le sensazioni che provo toccando con la mano il bracciolo della sedia o cercare la posizione più piacevole (è questa la strada delle sensazioni) o, infine, accogliere pensieri ed emozioni che arrivano alla mia mente, piacevoli o spiacevoli, non importa, non devo giudicare... (è la pratica con le emozioni).
A Milano i bambini riacquisiscono il diritto di giocare in giardino
MILANO - Le bambine e i bambini di Milano possono tornare a giocare nei cortili condominiali. Con 27 voti a favore, il consiglio comunale ha approvato all'unanimità la proposta di delibera della Giunta del 29 giugno scorso, modificando il Regolamento di Polizia urbana in modo da permettere ai ragazzini di giocare nei cortili. La scritta «vietato il giuoco del pallone» che compare in molte corti della città (risalente agli anni Trenta) non avrà quindi più ragione d'essere.
IL DIRITTO AL GIOCO - «Voglio ringraziare il Consiglio comunale per questo voto. È una bellissima notizia per bimbe e bimbi milanesi», ha affermato l'assessora al Tempo libero Chiara Bisconti. La delibera accoglie un'integrazione al Regolamento di Polizia urbana del Comune di Milano, inserendo due commi all'art. 83 bis «Giochi dei bimbi nei cortili»: «Il Comune di Milano riconosce il diritto dei bambini al gioco e alle attività ricreative proprie della loro età. Nei cortili, nei giardini e nelle aree scoperte delle abitazioni private deve essere favorito il gioco dei bambini, fatte salve le fasce orarie di tutela della quiete e del riposo stabilite dai regolamenti condominiali».
18 settembre 2012
Lavoro i figli non seguono le impronte
Un numero: 721mila. Come le imprese chiamate a confr0ntarsi (nei prossimi anni) sul tema del passaggio generazionale. Immaginare che oltre 360mila di queste chiudano per mancanza di eredi pronti a rilevare l'attività di famiglia equivale a un'ipotesi di "suicidio collettivo" di una generazione - quella dei Millennials (coloro i quali negli anni duemila si sono affacciati al mondo del lavoro) - da più parti etichettata come vittima di un meccanismo infernale che l'ha esclusa dai processi produttivi.
L'ANALISI - Un conto salatissimo che la Storia le sta imponendo, con tutto quello che ne consegue anche in termini migratori. Se un recente studio ha confermato una diaspora silenziosa di migliaia di giovani italiani verso le economie più avanzate che (forse) offrono maggiori occasioni di soddisfazione professionale, colpisce come chi sia "baciato" dalla fortuna di avere un lavoro in famiglia ritenga invece non funzionale alla sua esistenza continuare i sacrifici dei propri genitori. Un'elaborazione realizzata per Corriere.it dalla Cgia di Mestre rileva come il 51,8% degli imprenditori intervistati (su un panel di quasi mille attori coinvolti) ritiene che i propri figli non siano interessati a proseguire l'attività paterna/materna. Di più: sono soprattutto quelle del Sud e del centro Italia ad essere maggiormente interessate dal fenomeno, ma anche la straordinaria vitalità imprenditoriale del Nord-est ne uscirebbe intaccata.
LE RAGIONI - Al primo posto tra le motivazioni alla base di questa fuga dal ritratto "iper-familista" dell'Italia dipinto come preponderante dai sociologi di varia estrazione c'è la Grande Crisi che sta scompaginando i comportamenti individuali. Denotando un cambiamento sociale di portata inimmaginabile: i giovani "figli di papà" - utilizzando un'accezione negativa ma che sembra fuoriuscire dalla bocca dei loro genitori scoraggiati - sarebbero mal disposti a "sgobbare" nel capannone/laboratorio/fabbrica di famiglia come i loro genitori. Al diavolo le conquiste (soprattutto in termini di consumi) delle famiglie, le loro possibilità di spesa cresciute a dismisura dagli anni rampanti del boom economico.
IL TITOLO DI STUDIO - Ora la parola chiave è una sorta di riflessione esistenziale sul rapporto costi/benefici: «Mi conviene lavorare dieci ore al giorno come mio padre che fa il fabbro? Sono convinto che la mia unica affermazione di vita sia quella di portare avanti il ristorante di famiglia?». Sempre più spesso la risposta è no. Qualche volta la declinazione individuale si confronta con una volontà (legittima) di studiare e specializzarsi in un altro ambito. Per carità, sono le cosiddette aspirazioni. Tanto che il corollario - certificato anche dalla Cgia - è che le nuove generazioni imprenditoriali (se lo volessero) sono sempre più qualificate in termini di studio: il 70% dei figli è almeno diplomato, il 15% possiede lauree e master. Eppure - al netto di una migliore preparazione teorica - sul piano pratico si moltiplicano le chiusure di aziende che non riescono a gestire il passaggio generazionale. Come se si fosse inceppato il meccanismo di trasmissione delle competenze. Amplificato da una sempre maggiore perdita di redditività (retaggio della globalizzazione che amplia sì i mercati di sbocco, ma restituisce una competizione anni fa impensabile). Così anche i genitori sembrano rassegnarsi. Traduzione della frase: «Preferisco che i miei figli facciano altro». Con il rischio di una sfiducia generalizzata verso ciò che ci aspetta e verso le nostre conquiste economiche e di vita, che i figli danno per scontato, ma chissà per quanto
A lavoro sei lamentoso o occhieggiatore ?
Intanto ha sdoganato il termine: «frignone»; lo si può usare anche in ufficio, non solo all'asilo. Poi ha il merito di suggerire qualche strategia per sopravvivere alla tipologia di collega più molesta. Un articolo di Sue Shellenbarger, giornalista del Wall Street Journal, mette in guardia dal prestare troppa attenzione ai vicini di scrivania che si lamentano senza sosta: quantomeno, sostiene l'autrice, mettono a rischio la vostra produttività. Un'emicrania cronica, la discussione con il capo, la ruota della bicicletta bucata, il condòmino rissoso... basta incrociare il loro sguardo e una pioggia di problemi vi investirà.
NEGATIVI - «L'esposizione a un eccesso di negatività distrugge le capacità di apprendimento, di memorizzazione, attenzione e giudizio», avverte Robert Sapolsky, neurologo e docente a Stanford, intervistato dall'autrice. Soprattutto, aggiunge lo studioso, se la «lagna» in questione utilizza un registro altamente emotivo o se usa argomenti e si concentra su problemi che fanno sentire in colpa il collega. Un sondaggio Gallup che ha coinvolto 30mila impiegati americani - riporta il Wsj - ha individuato un 18% di soggetti «attivamente disimpegnati», negativi, tendenti alla lamentela, con un conseguente aumento di assenteismo, calo dell'efficienza, e della qualità del lavoro, dicono i ricercatori.
LE STRATEGIE - Inutile limitarsi a far finta di ascoltare, annuendo: potreste diventare bersaglio di commenti sardonici al prossimo raduno davanti alla macchinetta del caffè. Oppure l'oggetto della prossima lagna. Difficile evitare tout court il collega «lamentoso», soprattutto quando si lavora in team. Forse potreste difendervi con un paio di cuffie vistose, che suggeriscano che state ascoltando la vostra musica preferita e non volete essere disturbati. Il rischio però è di rientrare immediatamente nella categoria dei «musoni».
Se vi capita di lavorare gomito a gomito con questa cupa categoria di soggetti, il quotidiano suggerisce di spostare la conversazione su qualcosa di positivo; di dimostrare attenzione gratificando il «lamentoso» con domande del tipo: «Che cos'è positivo per te?», o «Che cosa pensi di fare per risolvere il tuo problema?». O, semplicemente, spostate la vostra scrivania, ritiratevi mentalmente nel vostro mondo, consigliate al piagnone di rivolgersi a un superiore o di parlare schiettamente con la fonte dei suoi problemi. Alcuni datori di lavoro sono arrivati a prevedere bonus e ricompense in denaro per dipendenti in grado di sospendere pettegolezzi e lamentele per un periodo di tempo determinato.
LE TIPOLOGIE - Ma se è difficile sopportare il «Lamentoso», il conflitto è in agguato anche con altre tipologie di colleghi. Nei quali peraltro un po' tutti possiamo riconoscerci. Li elenca il sito «The Atlantic Wire». Che in una rassegna semiseria descrive caratteristiche e manie del «Semprecontento» (quello che potreste etichettare con l'acronimo inglese «Ewnhabdihl»: «The Employee Who's Never had a Bad Day in His Life»). Non si offende mai, non si lamenta mai. Ride alle battute di tutti, le sue comprese. E' insopportabilmente sempre felice, soprattutto il lunedì mattina. Segue il «Catastrofista», che trasforma ogni cosa in una preoccupazione e ogni buona notizia nell'anticipazione di una sventura. Il «Mensa-dipendente», che vive la giornata lavorativa pregustando prima e commentando poi, in maniera ossessiva, i piaceri del pranzo. Il «Logorroico»: di compagnia, sì, ma dov'è l'interruttore per spegnerlo? La «Fortezza»: tutta ordine e fatica, impassibile, imperscrutabile. Spesso con tupperware nel cassetto, col pranzo portato da casa; e sempre con un'espressione indecifrabile negli occhi: Vorrà dire sì? no? esprime apatia? comprensione? disgusto?.
IL «GIULLARE» E LO «SPIONE» - Nel campionario, immancabile il «Giullare», versione comica del Logorroico. Il «Decoratore di scrivanie», perennemente circondato da ninnoli, tazze, calendari, foto dei nipotini, pupazzetti, piantine smorte. Più rara la «Macchina da Lavoro», che non potete fare a meno di guardare con invidia: ogni sera un party, fa le ore piccole, un drink dietro l'altro, e al mattino si presenta puntuale al suo posto, fresco come una rosa, Temibile l'«Occhieggiatore», che sbircia i monitor dei colleghi per capire se stanno lavorando o giocando a poker online. Impossibile eludere la loro sorveglianza, ma qualche accortezza si può adottare: cancellare la cronologia del browser, cambiare le password, spegnere il computer quando si esce per il pranzo. E ancora: il «Luddista» e il «Neofita», agli estremi opposti di una catena di tecnofobici che metteranno a dura prova la vostra disponibilità. E infine «Quello-che-ne-ha-sempre-una-di-più» Macchina? La sua è più potente. Monitor del pc? Il suo è più grande. Magari parla più del Logorroico e sghignazza più del Giullare. Il Lamentoso, d'altronde, ve l'aveva detto.
Scarico digitale pirata
Il posto numero uno, senza sorprese, va agli Stati Uniti, con 96.681.133 download illegali nei primi sei mesi dell’anno in corso. Seconda in classifica l’Inghilterra, con 43.263.582 download, che esibisce come capitale assoluta della pirateria informatica Manchester. E, secondo le statistiche del servizio di monitoraggio Musicmetric (che ha tracciato il percorso dei file BitTorrent) viste in esclusiva dalla BBC, all’Italia va il terzo posto tra chi condivide e scarica illegalmente la musica dal web, con più di 33 milioni di album e single scaricati nella prima metà del 2012. Mentre troviamo Canada e Brasile rispettivamente al quarto e quinto posto.
I GUSTI DEI PIRATI - L’ultimo album di Rihanna, Talk That Talk è stato il più scaricato, con 1.228.313 download illeciti nella prima metà del 2012, mentre in Gran Bretagna il più corteggiato dai pirati informatici è Ed Sheeran, il ventunenne inglese noto come la stella rossa (per via dei capelli) e scaricato mediamente 55.512 volte ogni mese. Secondo la British Phonographic Industry (BPI) queste cifre scoraggianti hanno evidenti e significativi effetti sui nuovi investimenti musicali. In Inghilterra ci sono «più download illegali che acquisti», ha voluto sottolineare Geoff Taylor, manager della BPI, e questo è chiaramente un effetto distorto di un ingranaggio che va cambiato: «I musicisti devono guadagnare per ciò che fanno, esattamente come chiunque altro».
IL CASO ITALIANO – Nemmeno il terzo posto dell’Italia comunque stupisce più di tanto. Anche nel software infatti i dati diffusi da BSA (Business Software Alliance) all'interno del rapporto annuale sull’illegalità informatica “Shadow Market” (curato dal Global Software Piracy Study) davano l’Italia seconda solo alla Grecia nel settore.
NATIVI DIGITALI – La lotta del mercato discografico continua senza sosta, a suon di leggi decisamente severe contro chi scarica i file torrent. Ma il discorso è ben più profondo e non tocca solo il tema della legalità. Il punto è la generazione dei cosiddetti nativi digitali, differenti per cultura e abitudini dai loro genitori. Per i ragazzi di questa generazione è naturale scaricare e non viene sempre visto come “peccato”, come fa notare anche Andy Heath, direttore della Beggars Group, l’etichetta di artisti come Adele e Dizzee Rascal. In parte si potrò sovvertire questo modo di pensare, come dimostrano già oggi i numeri del download legale, ma non si potrà farlo solo a colpi di norme.
IL DOWNLOAD LEGALE – I dati diffusi dalla Federazione Industria Musicale Italiana (FIMI) dimostrano tuttavia che in Itala il download legale vince nel settore musica su Internet. Le cifre capovolgono il pregiudizio sul panorama digitale riguardo alla pirateria online e mostrano che nei primi sei mesi del 2012 la musica digitale, tra download e streaming, è cresciuta del 43 per cento e rappresenta oggi il 33 per cento dell’intero mercato discografico italiano. Il download ha raggiunto il 61 per cento del fatturato digitale, raggiungendo così i 10,9 milioni di euro in sei mesi e i singoli digital download sono cresciuti del 48 per cento. Insomma, chi scarica non lo fa solo fuori dalla legge. Anzi.
17 settembre 2012
Sexy come un Idromassaggio
Le vacanze sono finite e la vita quotidiana ci aggredisce. Il fatto di sentirsi depressi, svogliati e alle prese con mal di testa, insonnia e calo di attenzione è un fatto comune, tanto da meritare persino un nome: è la cosiddetta "sindrome da rientro". Questa stress da "post vacanza" colpisce in particolare le donne (ne sono affette sette donne su dieci, ma non risparmia neppure il sesso maschile: se ne lamenta infatti un uomo su tre. Visto che non si tratta di una malattia, ciascuno cerca di fronteggiarla come può, ma curiosamente il rimedio più efficace e più ambito sembra essere la vasca per idromassaggio.
Uno studio condotto da CougarItalia.com, il portale dedicato alle donne che cercano relazioni con uomini più giovani di loro, ha effettuato in proposito un sondaggio che ha preso in considerazione un campione di mille iscritte di età compresa tra i 38 e i 54 anni. Se la vacanza è stata particolarmente piacevole e rilassante, il ritorno a casa e ai consueti carichi di lavoro, può causare una perturbazione dello stato d’animo che può richiedere qualche tempo prima di dissolversi. Per combattere questo senso di disagio, le strategie sono molte.
La più comune, o quella a cui desidererebbe far ricorso il maggior numero di intervistate, è un lungo tuffo in una vasca idromassaggio. Il 40% delle donne considera questa la soluzione ottimale per "affogare" lo stress in una coccola piena di bollicine, ma la Jacuzzi è anche indicato come luogo sexy e trasgressivo per fare l'amore.
Al secondo posto tra le attività antistress amate dalle donne c'è lo shopping (35% delle risposte), un’attività che libera la dopamina, l’ormone del benessere, e che quindi favorisce, proprio come per l’idromassaggio, sia il relax che la passione amorosa.
Al terzo posto, ma solo con il 18% delle preferenze, si posizionano la palestra e le attività sportive.
La cucina, invece, tanto cara alle donne di una volta, è vissuta più come un luogo di fatica e di impegno quotidiano che come luogo di divertimento e di gratificazione. Solo per il 5% delle intervistate la cucina è un’esperienza rilassante: soprattutto dopo le vacanze sembra che siano davvero poche le persone desiderose di mettersi ai fornelli.
Un'altra attività che sembra incontrare il favore delle donne dopo le vacanze, è la ricerca di un nuovo partner, come dimostra l'intensificarsi sul portale delle attività di ricerca dell'anima gemella.
Cosa ci infastidisce in ufficio
Il ritorno dalle vacanze ci rende più insofferenti a quello che ci circonda e uno dei luoghi di maggiore stress è, naturalmente il posto di lavoro. Un sondaggio scopre che gli uffici di ogni Paese hanno sviluppato un mondo di insofferenze e di idiosincrasie proprie, caratterizzati dalle diverse culture. Dal confronto è nata una curiosa fotografia di quello che riesce a "far saltare i nervi", con notevoli differenze a seconda della nazione presa in esame.
L'indagine è state realizzata da LinkedIn, il grande network mondiale di professionisti che conta oltre 120 milioni di iscritti, mettendo a confronto 16 diversi Paesi. "In quasi tutti gli uffici c’è almeno un collega che con le sue manie fa saltare i nervi agli altri" ha dichiarato Nicole Williams, Connection Director di LinkedIn e autrice del best seller "Girl on Top". "A volte i colleghi più irritanti non si rendono nemmeno conto dell’effetto del proprio comportamento sul resto del team. È fondamentale trovare una soluzione a questa situazione di fastidio prima che possa nuocere alle vostre performance lavorative o alla vostra carriera".
L'insofferenza più diffusa tra i professionisti in tutti i Paesi e indicata sia dagli uomini che dalle donne, espressa dal 78% degli oltre 17.000 intervistati in tutto il mondo, punta il dito contro "coloro i quali non si assumono la responsabilità delle proprie azioni". Chi cerca lavoro farà poi bene a tenere presente che, negli Stati Uniti, i responsabili del recruitment sono molto più irritati, rispetto ai colleghi che lavorano in altri uffici, dalle persone "che arrivano in ritardo agli appuntamenti".
Sempre gli americani si irritano più degli altri quando i colleghi prendono il cibo altrui dal frigorifero dell’ufficio. I troppi pettegolezzi mandano invece su tutte le furie i brasiliani, mentre i tedeschi sono più insofferenti della media mondiale nei confronti di chi lascia sporcizia nelle aree comuni, in particolare nel microonde o nel frigorifero dell’ufficio. Gli indiani invece sono insofferenti soprattutto alle suonerie dei telefoni cellulari, mentre i giapponesi perdono la pazienza di fronte agli scherzi tra colleghi.
Analizzando separatamente il campione maschile e quello femminile è emerso poi che il 62% delle donne statunitensi si irrita davanti a una collega vestita con abiti "troppo succinti per essere indossati in ufficio", mentre solo il 29% dei loro connazionali uomini ha indicato questo aspetto come un problema. I più tolleranti in materia di abbigliamento sono gli svedesi, anche se in misura minore tra uomini e donne: i vestiti troppo sexy irritano il 35% delle donne e solo il 12% degli uomini.
E nel nostro Paese che succede? Secondo il sondaggio nulla o quasi. Siamo infatti il Paese con il minor numero di fobie in assoluto. La nazione più insofferente è invece risultato l'India. Gli Stati Uniti si collocano all'ottavo posto, ovvero esattamente a metà classifica tra i 16 Paesi presi in considerazione.
La pausini presto mamma
Laura Pausini è in dolce attesa e sceglie Facebook ( e Twitter) per annunciare il lieto evento. Sul social network, la cantante ha pubblicato una foto che la ritrae incinta: la Pausini aspetta una bambina dal compagno Paolo Carta, che è anche il chitarrista della sua band. La popstar, due anni fa, si era presa un anno sabbatico e in molti avevano pensato che il periodo di lontananza dal palco fosse finalizzato a fare un figlio.
SALTANO I PROSSIMI IMPEGNI- Poi è tornata nel novembre del 2011 con il nuovo disco e il nuovo tour, spiegando che l'anno di pausa le era servito per stare accanto alla famiglia più che per cercare di avere un bambino. Ora la lieta notizia che la costringe a dare forfait al grande concerto Italia Loves Emilia, al Campo Volo di Reggio, sabato 22 settembre, dove doveva essere protagonista insieme ad altri big della musica italiana.
Laura ha raccontatao la cosa a Facebook poi ha chiesto ai media il rispetto della privacy...Strana la ragazza no ?
14 settembre 2012
Ci Prendono per il culo o cosa ?
Sono 18 i manager pubblici segnalati il cui stipendio continua a superare il tetto dei 294.000 euro, nonostante le nuove norme decise dal governo Monti. Lo ha reso noto il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi alle commissioni Affari costituzionali e Lavoro della Camera presentando i risultati del primo monitoraggio del decreto sui tetti retributivi dei manager della P.A.
LE VERIFICHE - Patroni Griffi ha segnalato che, al momento, hanno risposto al monitoraggio 37 amministrazioni pubbliche su 80 interessate e che tra i 18 casi di discostamento alcuni hanno fornito cifre dovute anche al cumulo. In alcuni casi le eccedenze ai quasi 300 mila euro previsti dalle norme sono di circa 10mila euro, altri di 90/100mila. Il ministro ha ricordato inoltre che per le segnalazioni di cumulo (stipendio da incarico più altri emolumenti) ci sarà tempo sino a novembre. Patroni Griffi si è detto infine pronto a inviare i risultati del monitoraggio alla Corte dei conti per le verifiche incrociate.
Il 3D in soccorso di un'aquila.
MILANO – Sette anni fa Beauty, esemplare femmina di aquila di mare dalla testa bianca, emblema d’America tanto da esserne il simbolo dal lontano 1782, fu salvata in Alaska dall’attacco di un bracconiere che le dava la caccia. Nello scontro però, Beauty perse il suo becco aguzzo e ricurvo, tanto che per molto tempo lottò tra la vita e la morte, e fu nutrita esclusivamente a base di liquidi con flebo e cannucce. Oggi Beauty può mangiare di nuovo, grazie a un becco artificiale, creato usando la tecnica di stampa 3D. Uno dei primi tentativi riusciti al mondo di uso di questa tecnologia anche per la chirurgia sugli animali.
AQUILE DI MARE – Era una mattina del 2005 e Beauty si aggirava a caccia di cibo in una discarica in Alaska quando un cacciatore l’ha abbattuta sparandole proprio al becco. Beauty è uno degli 80mila circa esemplari di aquila di mare dalla testa bianca, bald eagle, che ancora sopravvivono nel nord America e Canada (se ne trova qualche esemplare anche in Irlanda) e la loro caccia è vietata per legge. Dalle piume nere (esclusa, appunto, la testa bianca) è la più grande della famiglia dei rapaci e le femmine sono più grandi dei maschi. Supera anche il metro di lunghezza e ad ali dispiegate misura fino a tre metri. Un colosso del cielo, che si nutre catturando pesce e carne, a seconda dell’area in cui vive. Ma per Beauty, dopo l’incidente di 7 anni fa, l’istinto predatore si è annullato, giacché senza parte del becco non poteva più nutrirsi.
LE CURE – Dall’Alaska l’aquila è stata trasferita in Idaho, dove si trova un centro che protegge e si prende cura dei rapaci, il Birds of Prey Northwest. Qui i volontari, assodato che all’aquila mancavano quasi interamente la parte di becco superiore (esclusa una piccola zona a destra), hanno iniziato a nutrirla con liquidi, per passare poi ai primi cibi solidi attraverso l’uso di un forcipe. La speranza, mentre piano piano riprendeva le forze, era che il becco potesse ricrescere, ma ciò non è mai avvenuto. E così, mentre l’opinione unanime degli esperti e degli studiosi era quella di condannare il rapace all’eutanasia, una squadra formata da ingegneri, tecnici, dentisti e medici ha trovato una soluzione alternativa per far crescere il becco aguzzo al volatile: fabbricarne uno da impiantarle artificialmente.
BECCO 3D – Ora Beauty è la prima nel regno animale a indossare un becco bionico creato con un polimero di nylon, nato grazie ai disegni di un ingegnere meccanico che ha studiato la dinamica perfetta affinché il becco potesse combaciare esattamente con la forma del suo cranio per oltre 18 mesi, prima di produrre l’esemplare adatto. Per produrlo, l’ingegnere ha usufruito di una stampante tridimensionale, già usata in molti settori per costruire modelli, solitamente a strati, di oggetti di varia natura. Il risultato, è spaventosamente vicino alla perfezione, come si vede nel video che riassume la sua storia. Ma per Beauty questo non è ancora abbastanza per tornare alla vita selvaggia del predatore: il becco non è comunque abbastanza forte per permetterle di cacciare tra la montagne, mentre è abbastanza solido per nutrirsi e spiumarsi nel centro dell’Idaho dove continua a vivere in cattività. Eva Perasso
La Merkel ad un calciatore Gay "esci allo scoperto diamo un segnale forte".
A Euro 2012 si era capito che in Italia i tempi non sono maturi perché i calciatori omosessuali facciano coming out dopo la battuta mal porta di Antonio Cassano. Ma si sperava che all'estero i tempi fossero migliori. Invece nemmeno in Germania i gay devono passarsela troppo bene, se è vero che un giocatore della Bundesliga, intervistato dal magazine «Fluter», ammette sotto anonimato di doversi nascondere: «Sono omosessuale, ma sono costretto a recitare ogni giorno. Se la mia sessualità diventasse pubblica non sarei al sicuro, ma non so se sarò in grado di mantenere per tutta la carriera questa continua tensione fra il modello di giocatore eterosessuale e la possibile scoperta». All'atleta prova a rispondere il Cancelliere Angela Merkel, che cerca di rassicurare tutto il mondo omosessuale: «Tutti coloro che si assumono il rischio e che hanno il coraggio (di rilevare la propria omosessualità, ndr) devono sapere che vivono in un Paese dove non c'è nulla da temere. È il mio messaggio politico. Possiamo dare un segnale forte: non abbiate paura».
L'UOMO CHE NON ESISTE DAVVERO - Nell'intervista, intitolata amaramente «Un uomo che non esiste davvero», il giocatore, di cui ovviamente non viene svelata nemmeno la squadra, afferma anche di conoscere «diversi» giocatori gay che militano nel massimo campionato tedesco e si dice convinto del fatto che la sua omosessualità non sia un mistero per i suoi compagni di squadra. «Quasi nessuno ne parla, ma tutti devono saperlo». L'atleta ha ammesso di aver vissuto con qualche imbarazzo sotto la doccia, inizialmente, e che anche i colleghi potessero essere a disagio, ma «non ho alcun interesse per altri giocatori e a un certo punto la cosa è diventata poco importante per tutti. Alla fine, nonostante la loro reputazione, i miei colleghi non sono ignoranti».
MINACCE - Il problema, allora, non è nello spogliatoio o nelle prevedibili battute da caserma che un coming out potrebbe suscitare. La vera «minaccia» è rappresentata dalle possibili ripercussioni a livello mediatico e nel rapporto con i tifosi: «Chi potrebbe mai spiegare alla folla indignata prima della partita che i gay in realtà sono uomini assolutamente normali e poi scendere tranquillamente in campo? Inimmaginabile». A gennaio l'ex presidente della Federcalcio tedesca (Dfb) Theo Zwanziger aveva chiesto ai giocatori di smettere di nascondersi (trovando la fiera opposizione del capitano della nazionale Philipp Lahm: «Siamo come gli antichi gladiatori, noi: un politico può fare coming out, ma non deve giocare davanti a 60.000 persone ogni settimana»), ma questo è ritenuto impossibile dal giocatore intervistato: «Se non devi andare allo stadio il giorno dopo puoi dire tutto. Forse se tutti uscissero allo scoperto la portata del problema sarebbe minore, ma ho poche speranze che accada». Il segreto cui quest'uomo si vincola ha, ovviamente, ripercussioni anche nella sua vita privata: «Un po' di normalità mi renderebbe felice, potere semplicemente andare con un partner futuro in un ristorante pubblico... Sarebbe un sogno».
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